Adozione internazionale, Polonia. “L’adozione non risponde al suo interesse”: il grido di dolore di una madre adottiva di fronte alla perdita della sua bambina

La donna denuncia il “senso di inutilità e spossatezza che ti dà l’aver combattuto per mesi contro i mulini a vento” di chi “ha deciso per noi e per lei decretando – sulla base di principi politici – che l’adozione non risponde al suo interesse”, dopo la decisione del governo polacco di chiudere le porte all’adozione internazionale

La mamma ha già un figlio adottivo e sottolinea quante volte “raccolgo io gli attimi di disperazione del mio primogenito per una ferita, quella dell’abbandono, che si porterà sempre dentro e su cui noi possiamo soffiare per alleggerirla un po’”.

Una denuncia che è anche un grido di dolore: il grido di dolore di una madre adottiva che, dopo mesi passati a lottare per ricevere il dono della genitorialità e donare la bellezza dell’essere figlia a una bambina abbandonata si è scontrata contro i muri di gomma di scelte politiche che, di fatto, le hanno precluso la possibilità di concludere con successo l’iter adottivo. “Ho appena perso la mia bambina… è l’incipit del suo post su Facebook, uno sfogo che però può e deve fungere da spunto di riflessione per ‘aggiustare il tiro’ rispetto a decisioni come quella recentemente presa dal Governo polacco, che ha di fatto chiuso ogni possibilità di accesso all’adozione internazionale.

 

Ecco il post integrale.

Ho appena perso la mia bambina… Ed è accaduto nel modo più brutto: nel senso di inutilità e spossatezza che ti dà l’aver combattuto per mesi contro i mulini al vento. C’è chi ha deciso per noi e per lei decretando – sulla base di principi politici – che l’adozione non risponde al suo interesse. E vi giuro, c’è scritto proprio e unicamente così: non una spiegazione razionale, non un concreto motivo, non un ragionamento logico giuridico sostenuto… La decisione sulla vita di mia figlia è racchiusa in una frase sterile e vuota che altro non fa che sostenere la tesi da mesi portata avanti dal governo polacco per cui per i minori in stato di abbandono la soluzione maggiormente rispondente al loro interesse sia l’istituzionalizzazione: perché una famiglia se c’è lo Stato Polacco che pensa a loro? Ora – e viva Iddio se qualcuno si adirerà per quello che sto per scrivere, che almeno si avrebbe una qualche reazione – caro Stato mi chiedo: accorrerai tu ad aiutare la mia bimba quando cadrà sbucciandosi un ginocchio? Le insegnerai tu ad andare in bicicletta e l’aiuterai a fare dei compiti che, a causa del suo lieve ritardo, troverà tanto complicati? L’abbraccerai tu, Stato, quando piangerà da sola chiedendosi che fine hanno fatto quella mamma e quel papà che qualcuno le ha promesso sarebbero arrivati presto per portarla a casa sua?
Sono già mamma adottiva, e raccolgo io gli attimi di disperazione del mio primogenito per una ferita, quella dell’abbandono, che si porterà sempre dentro e su cui noi possiamo soffiare per alleggerirla un po’. La ferita della mia bambina sarà tremila volte più grande e già ora, a 5 anni, nessuno l’aiuterà a comprendere il senso di tante cose… Il senso di tutto questo.. Forse perché un senso davvero non c’è l’ha. E fa male. Quello che provo? Dolore e rabbia. Sono incavolata con tutti coloro che sono stati a guardare questo scempio senza muovere un dito. Con tutti quelli che, pur consapevoli della situazione, hanno omesso una qualsiasi forma di aiuto perché troppo impegnati a litigarsi la poltrona, contro tutte le persone interpellate da me e dalle altre famiglie coinvolte che hanno promesso interessamento e che sono sparite. Con la Chiesa, che in quell’incontro del Papa con il primo ministro Polacco ci avevamo creduto davvero… Per poi sapere che i rapporti tra città del Vaticano e la Polonia sono ottimi, ed evviva per loro…. Arrabbiata con la CAI e con chiunque continua a menarla con la storia dello Stato sovrano, perché lo Stato non è sovrano di togliere ad un minore il diritto di crescere in una famiglia manco per niente. Arrabbiata perché le schede di quei bambini non ce le siamo mandate da soli ma sono partite dalla Polonia ed un minimo di tutela da parte della nostra patria per le famiglie – trattate in questo modo disumano e lasciate appese ad un filo per mesi – ce l’aspettavamo. Arrabbiata con questa Unione Europea che sa bene la piega che sta prendendo la situazione. Ora che i dinieghi del ministero polacco stanno arrivando al termine, in una sorta di stillicidio nominativo famiglia per famiglia (perché si poteva almeno evitare questa agonia e fare un unico provvedimento… Ma no, perché togliersi il gusto di beccare nelle pratiche a casaccio senza alcun criterio temporale e comunicarne un paio a settimana prolungando questo dolore… E anche qui tutti a guardarli fare quel che volevano) ora che i bambini coinvolti sono stati lasciati al loro destino, ora che tutte le porte a cui abbiamo bussato ci sono state sbattute in faccia, non venitemi a raccontare più niente di come sistemare il mondo… Perché, diciamo la verità, nessuno lo vuole sistemare davvero.