Adozione internazionale: Vincenzo Starita riconfermato al comando della CAI

L’attuale vicepresidente della Commissione per le Adozioni Internazionali Vincenzo Starita è stato confermato per un secondo triennio, potendo continuare, così, un percorso di rilancio delle Adozioni che, pur nelle difficoltà, ha dei segnali positivi dai quali ripartire

Quella che si è abbattuta sulle Adozioni Internazionali negli ultimi tre anni è una vera e propria “tempesta perfetta”. La prima e decisiva “mazzata” è arrivata dal Covid, che ha di fatto bloccato ogni possibilità di viaggio e di spostamento, ma i cui effetti ancora si fanno sentire, ben oltre a quanto la pandemia in sé poteva far pensare. Poi è arrivata la guerra in Ucraina, che di fatto ha sospeso le adozioni da due dei Paesi di provenienza più importanti per il sistema italiano: Russia e Ucraina. A questi si può aggiungere la Cina, i cui confini ancora non si sono del tutto riaperti da dopo il Covid. Una situazione che, sommata ai problemi di costi, tempi e burocrazia che si trascinano da anni, porteranno a chiudere il 2023 come l’anno con il numero di Adozioni Internazionali realizzate più basso di sempre.

La riconferma del vicepresidente CAI Vincenzo Starita

Tutto si può dire sulla difficoltà del sistema, tranne che i vertici di chi di Adozioni Internazionali è chiamato a occuparsi abbiano delle responsabilità decisive. Anzi, la riconferma di Vincenzo Starita, per un secondo triennio, arrivata pochi giorni fa dalla Ministra Roccella, è senza dubbio una buona notizia, anche nell’ottica di dare continuità a una serie di iniziative che la CAI ha portato e sta portando avanti per il futuro dell’Adozione Internazionale.
Lo conferma proprio il vicepresidente Starita in una intervista rilasciata a Vita: “Sono un ciclista dilettante e dal ciclismo ho imparato che quando la strada è molto in salita bisogna tenere gli occhi bassi e pedalare: buttare lo sguardo troppo avanti può essere pericoloso perché psicologicamente le difficoltà ti potrebbero annientare. La linea di condotta che ho tenuto in questi tre anni – e che continuerò ad avere anche nel prosieguo – è quella di affrontare le difficoltà giorno per giorno, ovviamente con degli obiettivi programmatici, però senza scoraggiarmi di fronte alla difficoltà, che sono state e sono veramente tante. Se non si scoraggiano le coppie, a maggior ragione non può scoraggiarsi il vicepresidente della Cai”.
Anche perché, pur nelle evidenti difficoltà, gli spiragli di speranza ci sono: l’Italia, per esempio, rimane comunque il Paese che fa più adozioni al mondo proporzionalmente al numero di abitanti.
Altro dato significativo arriva dal fatto che un terzo circa delle coppie che ha dato mandato a un Ente nel corso del 2021, già entro l’anno successivo hanno concluso l’adozione, evidenziando, quindi, dei tempi più rapidi rispetto a quella che è la media totale. Su questa, infatti, pesano molto le circa 900 adozioni antecedenti al 2020 che oggi si fa moltissima fatica a portare a termine, perché cominciate quando il sistema e i bambini disponibili per l’adozione era molto differente rispetto a ora, con la conseguenza che: “Molte di queste coppie che avevano un desiderio adottivo ben chiaro non sono disponibili né hanno la forza – forse anche giustamente – di affrontare percorsi adottivi diversi”.
Questo “cambio di passo”, secondo il vicepresidente della CAI potrebbe significare che: “Nel momento in cui le coppie hanno compreso la nuova realtà dell’adozione e vi si sono per così dire ‘adeguate’, ecco che le adozioni si concludono”.

L’adozione come atto d’amore

Si tratta di un vero e proprio cambiamento epocale: “Oggi i bambini che arrivano all’adozione internazionale sono bambini con bisogni speciali, perché gli altri trovano famiglia nell’adozione nazionale: il senso della sussidiarietà dell’adozione internazionale è questo. Chi si avvicina all’adozione internazionale deve essere consapevole che sta facendo un grandissimo atto di amore, accogliendo un bambino che ha profonde difficoltà. Un percorso in cui ci saranno sicuramente tante gioie ma anche tanti momenti difficili”.
Ma le famiglie stanno dimostrando di esserci e di essere pronte a questo: “Girando il Paese – racconta Starita – incontro tante famiglie straordinarie, che hanno fatto un gesto di grande altruismo e che hanno raggiunto pian piano la serenità. Questo deve essere adeguatamente riconosciuto”.
In tal senso, l’impegno della CAI è di avvicinare sempre di più l’adozione internazionale alla gratuità, seguendo un percorso di bouns e di rimborsi già avviato negli ultimi anni. C’è, inoltre, la volontà da parte della Commissione di farsi carico almeno in parte delle spese di formazione, con nel contempo la predisposizione di linee guida che facciano sì che questa sia più uniforme: “Il limite di un sostegno del pubblico ai costi della formazione iniziale  – precisa Starita – era che qualche coppia poteva rinunciare durante il percorso, ma se la Commissione deve fare cultura dell’adozione è cultura anche una coppia che rinuncia perché ha compreso che il percorso dell’adozione non fa per lei”.
Insomma: i numeri del presente non sorridono all’Adozione Internazionale; ma i segnali di un futuro di rilancio e di ripresa ci sono. Nel nome dei bambini abbandonati di tutto il mondo.