Adozione. La propria storia raccontata ‘sulla pelle’: il concorso del CTA di Milano sul tatuaggio più significativo

A convincere il direttore del Centro di Terapia dell’Adolescenza meneghino, Francesco Vadilonga, le storie scoperte sui corpi di tanti minori che ha incontrato in questi anni: da quella di un ragazzo che si è tatuato sul petto “un cuore spezzato in due, in una metà c’era l’iniziale del nome della mamma adottiva e nell’altra della madre di nascita, mentre una ragazza che ho incontrato di recente si è tatuata sugli avambracci, sino al gomito, le date di nascita dei suoi genitori adottivi, in numeri romani. ‘È come se mi sostenessero’ mi ha detto, raccontando di come fosse stata incerta sul fare il tatuaggio lì o sulle caviglie, a sottolineare come i suoi genitori la accompagnassero in ogni suo passo”.

Da qui l’idea di andare più a fondo al fenomeno, con la formula del concorso: “Un tatuaggio è scrivere sulla pelle – aggiunge Vadilonga – ha a che fare con l’identità”. Ecco alcune delle vicende più curiose

adozione. Il concorso sul tatuaggio che racconta la storia adottiva più bellaTra cuori spezzati con metà iniziali della mamma adottiva e altrettante di quella biologica e date di nascita dei genitori adottivi ‘vergate’ sugli avambracci, perché “loro mi sostengono sempre, le storie di adozione che vengono raccontate attraverso il tatuaggio sono molteplici. E al netto delle discussioni sull’opportunità o meno di ‘scrivere sulla pelle’, attraverso quei disegni e quelle parole passa l’identità di un bambino che l’abbandono ha ferito, prima del riscatto ottenuto attraverso l’adozione a figlio.

Né – come spiega beneVita.it in un articolo a firma di Sara De Carli – il tatuaggio in questi casi può essere accostato a un sinonimo di trasgressione. Anzi, gli adolescenti adottati lo utilizzano come una ‘lavagna’ aperta al mondo per poter raccontare un passo della loro complessa ricerca di identità. Questa considerazione e l’incontro con le storie di vita di tanti minori abbandonati che hanno riscoperto la gioia della famiglia grazie ad adozione o affido è stata la base della scelta del Centro di Terapia dell’Adolescenza (CTA) di Milano, che ha lanciato un concorso fotografico dal titolo ‘Lamia storia sulla pelle’. Chi è stato adottato o ha avuto una storia di affido e possiede un tatuaggio può partecipare, inviando una fotografia del proprio tatuaggio entro il 30 ottobre 2018 e raccontando in quale momento della vita il tatuaggio è stato fatto, a cosa è legato, cosa dice di sé. Su Instagram si possono già vedere le foto in concorso: ci sono diamanti, tigri e lupi, fiori.

La ragione di questa sorta di particolare ‘indagine’ sulle storie di adozione la racconta Francesco Vadilonga, psicologo e psicoterapeuta, direttore del CTA: “In questi dieci anni ci è capitato spesso di vedere ragazzi adottati con tatuaggi, notando però una controtendenza: gli adolescenti non adottivi in genere si fanno tatuaggi trasgressivi, i ragazzi adottati invece si tatuano le iniziali della mamma biologico o adottiva. È un tassello nella costruzione di una identità che sentono fragile”.

Il bisogno di connettersi in qualche modo con la propria storia adottiva per creare una continuità nella propria identità, tra passato e presente, con vista sul futuro. Perché così come il corpo porta scritte su di sé le tracce corporee del passato, attraverso il tatuaggio le storie dei ragazzi diventano tracce visibili.

Il concorso fotografico ‘La mia storia sulla pelle’ è realizzato in collaborazione con il CARE-Coordinamento delle Associazioni familiari Adottive e Affidatarie in Rete. L’idea, la bellezza estetica, la tecnica fotografica, l’originalità e ciò che il tatuaggio esprime riguardo al tema e alla storia delle origini di un figlio adottivo saranno i criteri fondamentali della selezione. In palio, tra i vari premi, anche un weekend in barca a vela nel Mediterraneo.

Fonte: Vita.it