adozioni, il 'no' di Ai.Bi. a far crescere 'di default' un bimbo abbandonato orfano di un genitore

Adozioni ai single: sì o no? Al di sopra di tutto i diritti inviolabili del minore abbandonato

Un botta e risposta ‘virtuale’ e dai contorni particolari quello tra la segnalazione del blog di Concita Di Gregorio su Repubblica e l’editoriale di Mariolina Ceriotti Migliarese su Avvenire

Perché un conto è crescere senza una figura genitoriale a causa della sua prematura scomparsa e un altro è quello di progettare fin dal principio tra adulti di creare un ‘sistema’ che produca figli orfani

adozioni, il 'no' di Ai.Bi. a far crescere 'di default' un bimbo abbandonato orfano di un genitoreUn forte no all’eventuale scelta ‘di Stato’ di far crescere dei bambini abbandonati ‘orfani’ di default, all’origine, affidandoli con adozioni a genitori-single: è quanto emerge, in sintesi, dal confronto tra il punto di vista egoistico di un medico che ha scritto una lettera a Concita Di Gregorio per la sua rubrica su Repubblica e quello dell’editoriale di Mariolina Ceriotti Migliarese, pubblicato qualche giorno fa su Avvenire.

Certamente non sono rari nella storia umana i casi di bambini cresciuti solo dalle donne”, puntualizza Migliarese. “Tante donne coraggiose si sono rimboccate le maniche, si sono aiutate tra loro, hanno amato, accudito e fatto crescere figli che l’assenza del padre non ha necessariamente reso patologici o incapaci di vivere”, specifica ancora l’editorialista di Avvenire.

Sembra proprio una risposta indiretta a quanto aveva scritto una donna-medico di 37 per la rubrica ‘Invece Concita’: “Nell’ospedale dove lavoro, è nato un bambino meraviglioso, che la mamma ha abbandonato alla nascita. Il piccolo veniva accudito ogni giorno dalle infermiere e dalle ausiliarie del nido; io nelle pause di lavoro, lo prendevo in braccio, lo facevo addormentare e quando potevo gli davo il biberon. Avevo comprato per lui le tutine, i completini in caldo cotone, i calzini, il carillon, la copertina…Siccome mi ero molto legata a lui, avevo deciso di chiedere il suo affidamento al Tribunale dei Minori. Purtroppo, però, partivo enormemente svantaggiata perché non facevo parte dell’elenco degli affidatari e, poi, perché ero, e tuttora sono, single“, sottolinea.

Da qui, la critica perché in Italia non esiste una legge che consente ai single di adottare bambini, se non affidi speciali) e io non lo ritengo giusto, perché sono sicura di poter dare a un bambino quello di cui una mamma biologica lo ha privato”. Ma il bimbo non è rimasto solo: è stato dato a una coppia senza figli in attesa da tempo, con conseguente “dolore immenso” della signora-medico. Già. Perché innanzitutto ci sono delle liste di attesa nazionali che non possono comunque, in nessun modo, essere bypassate da un’ondata emotiva di una dottoressa, per il sol fatto che opera nell’ospedale in cui la creatura è stata abbandonata. E poi, anziché ragionare dal punto di vista del bisogno dell’adulto, cosa che di per sé già induce al sospetto circa quanto potrà dare al bimbo, forse la dottoressa e chi con lei pubblica la sua missiva dovrebbe iniziare finalmente a mettersi nei panni del bambino: fragile, indifeso, con il bisogno – lui sì che lo sa – di un padre e di una madre.

Perché, come spiega molto bene l’editoriale di Migliarese, “che differenza c’è, dunque, tra l’essere cresciuti da due donne perché il padre è scomparso, ed essere cresciuti da due donne che hanno scelto di mettere al mondo un figlio senza il padre? Malgrado le apparenze, la differenza c’è ed è molto importante: solo nel secondo caso, infatti, gli adulti decidono consapevolmente che il bambino nasca orfano di padre”. Con la specificazione che “orfano è una parola che significa ‘privo di un genitore’ e genitore significa ‘colui che ha generato’”.

E poiché “il padre non è più importante della madre, e nemmeno la madre lo è più del padre”, è necessario che entrambi possano essere presenti, almeno nel nostro immaginario”. Ecco perché alla sollecitazione al Parlamento della dottoressa, Migliarese risponde che “è dunque di estrema urgenza avviare una riflessione, per evitare che i dati di fatto prendano rapidamente il sopravvento, portando a ‘normalizzare’ ciò che non può essere normalizzato”.