Adozioni internazionali. Perù “Scendiamo dall’autobus e riconosciamo Pablo lì alla fermata: ci ha preso per mano e siamo andati a cena”

Beh… mica è facile, sapete, questa storia della famiglia”.

Pablo, di origine peruviana, ha 9 anni e qualche settimana fa ha scelto queste parole parlando con mamma e papà mentre cercavano di spiegare, con l’affetto, cosa significhi essere rinati famiglia. Tornati in Friuli dal Perù lo scorso dicembre, mamma Eddi, papà Allen e Pablo stanno “tirando il fiato” proprio  adesso, dopo un turbinio di cambiamenti ed emozioni forti.

 Sta andando bene e ci stiamo rilassando tutti e tre – dicono i genitori per #iosonoundono – : Pablo è un ragazzino con trascorsi non facili, con circa 5 anni di istituto sulle spalle. I primi tempi insieme ci siamo studiati. Ora cominciamo a raccogliere: ogni giorno che passa è un tassello nuovo che compone il nostro mosaico”.

Spesso, ed è il caso di Eddi e Allen, chi sceglie l’adozione internazionale rinasce genitore dei propri figli in luoghi impensati, alla fine del mondo.

Arrivati a Lima dopo un lungo viaggio dovevamo raggiungere Pablo in una località a 3800 metri – ricorda la mamma – Dopo una intera giornata trascorsa in autobus, siamo arrivati al paese in cui dovevamo passare la notte per incontrare poi il bambino la mattina dopo. Io non stavo bene, sia perché già influenzata sia per i malesseri dovuti all’altitudine. Scendiamo dall’autobus e mio marito riconosce Pablo lì alla fermata”.

Pensando che Allen avesse le traveggole, complice i quasi 4mila metri, Eddi continua a sistemare i bagagli per andare in hotel, senza dare immediatamente peso alle parole del marito. “Invece mi volto ed era proprio lui! Pablo ci guardava come fossimo due extraterrestri, con quegli occhioni neri, bellissimo. E così pianti e abbracci proprio lì, alla stazione degli autobus!”.

Chissà cosa è passato per la mente di Pablo in quel momento così speciale, fuori dall’istituto che aveva così abbandonato per sempre.

Ci ha preso per mano e siamo andati a pranzo – ricorda il papà – e per fortuna è venuto volentieri a dormire con noi la sera stessa. Verso le 3 o le 4 di notte si è svegliato dicendoci: “Mi avete regalato questo pallone …bene, andiamo a giocare!”.

L’euforia e l’agitazione di essere insieme ai genitori aveva tenuto sveglio il bambino che, nei giorni successivi, confidò alla mamma di avere anche paura dei fantasmi.

Oggi, tra giornate in cui cogliamo qualche velatura, qualche ombra e giornate più serene, Pablo si sta ambientando bene ovunque” confermano i genitori. Dopo le vacanze di Natale trascorse a casa Pablo ha cominciato ad andare due ore al giorno a scuola facendo lezione solo con le due maestre di italiano e matematica e con il supporto di una insegnante che segue nello specifico gli alunni adottivi. Il bambino è stato iscritto in seconda elementare, pur frequentando la terza in Perù, ma questa scelta gli ha permesso di imparare velocemente l’italiano e inserirsi nella classe.

Pablo, che va molto d’accordo con due cugini di 10 e 6 anni, anche loro iscritti nella stessa scuola, si è subito sentito a casa anche con i nonni  e gli zii. Con la mamma è nata subito una relazione speciale, mentre “il legame con il papà un po’ dopo – dice Eddi – : il primo mese lo chiamava per nome adesso conta i minuti per vederlo la sera”.

L’estate in arrivo porterà una vacanza di relax per tutta la famiglia in campeggio in Romagna.

Bisogna essere onesti: l’adozione – concludono mamma e papà, felici della loro avventura peruviana – : è qualcosa di impegnativo, di ‘tosto’ dove c’è l’amore e quindi tutto quello che conta nella vita ma anche tanti momenti complessi da gestire. Durante la permanenza all’estero, ad esempio, Pablo ci ha messo più volte alla prova: voleva tornare in istituto a tutti i costi tanto che alla fine abbiamo detto “Ok, vai”. Ovviamente sapevamo che era una provocazione e non è andato da nessuna parte, ma tutto questo è accaduto alla fine di giornate difficili in un paese in cui sei senza i tuoi riferimenti, la tua famiglia”.

La fermezza degli adulti ripaga rispetto alle insicurezze e alle paure dei bambini: “siamo stati contenti di aver fatto tutti i corsi necessari e di verificare, poi, che non si è mai davvero pronti finché non arriva tuo figlio”.