In un limbo tra affido e adozione: un solo bambino per due famiglie

Intricata vicenda di un bambino che, dopo due anni di affido in una famiglia, è stato dichiarato adottabile. I genitori affidatari si sono dichiarati disponibili all’adozione, ma il Tribunale ha individuato un’altra coppia, a sua volta ignara della situazione

Una storia difficile, riguardante l’affido e l’adozione, rilancia la discussione sul “supremo interesse del minore” e nello stesso tempo mostra come sia difficile stabilire delle norme univoche e valide per tutti su questioni così delicate e differenti di caso in caso.
La vicenda ricalca altre situazioni non molto differenti avvenute in passato: un bambino, preso in affido familiare da una famiglia quando aveva solo sette mesi, si ritrova, ora, a essere dichiarato adottabile, visto che il percorso di recupero della sua famiglia d’origine non è riuscito. Questo comporta che il piccolo sia dichiarato adottabile.

Dall’affido all’adozione

Una volta, la legge vietava, salvo casi eccezionali, che l’affido familiare potesse trasformarsi in adozione. Oggi non è più così, proprio in virtù del maggiore interesse del minore a rimanere nella famiglia che lo ha cresciuto, sempre che la famiglia stessa sia disponibile. La legge, anci, prevede che in caso di adottabilità post affido il giudice debba tenere in conto proprio i legami affettivi costruiti e consolidati durante il periodo di affido.
Nel caso in questione, i genitori affidatari, che hanno anche un altro figlio, si sono dichiarati disponibili all’adozione, ma il Tribunale, dopo un iniziale parere positivo, ha cambiato idea, ponendo come motivazione – secondo la ricostruzione dei giornali – il fatto che la famiglia affidataria abita troppo vicino alla famiglia d’origine, mentre sarebbe nell’interesse del bambino venire allontanato. A questo punto, nonostante il ricorso della famiglia affidataria, parte la ricerca di una coppia di genitori adottivi, che viene individuata e con la quale viene stilato un calendario di incontri tra essa e il bambino.

Dove è finito, in questa situazione, il “supremo interesse del minore”?

I genitori affidatari chiedono di anticipare la loro udienza, per evitare che inizino gli incontri del bambino con un’altra coppia: sarebbe assurdo togliere il piccolo dalla famiglia, portarlo in una nuova casa e con nuovi genitori, per poi magari, se il ricorso venisse accolto, farlo tornare indietro.
Ma la richiesta non viene accolta e, così, si arriva al primo incontro tra il bambino, l’assistente sociale, i nuovi genitori adottivi individuati e i genitori affidatari. Peccato che, subito, questi ultimi si accorgano che l’altra coppia non era stata messa al corrente della situazione, aggiungendo disagio al disagio: da una parte una famiglia affidataria che ha costruito una relazione in oltre due anni di convivenza con un bambino ed è pronta ad accoglierlo per sempre. Dall’altro una famiglia che magari era in attesa da tempo e ora sogna, legittimamente, di poter abbracciare il loro nuovo figlio. In mezzo, un bambino che dovrebbe essere il primo soggetto tutelato e che si ritrova vittima di indecisioni, silenzi e vuoti normativi che sicuramente non fanno il suo “maggior interesse”.