Affido. Il dramma di una madre: “Sette anni senza mia figlia”. E ora la comunità le nega le visite

Una nuova storia di disagio familiare, raccontata da Avvenire, che mette in evidenza una necessità non più rinviabile: l’istituzione dell’avvocato del minore

63 sono i minori che, ogni giorno, in Italia vengono allontanati dalle loro famiglie, 160mila gli allontanamenti che sono avvenuti negli ultimi vent’anni. 26.615 sono i ragazzi e i bambini che, agli ultimi dati, vivono complessivamente fuori famiglia. Un fenomeno sul quale sta, nell’ultimo periodo, indagando il giornalista di Avvenire Luciano Moia, che ha deciso di raccontare alcune di queste storie affinché il decisore politico ne venga a conoscenza, così che si possa accelerare quel progetto di riforma sull’affido avviato in Parlamento che ormai non è più procrastinabile. Una di queste storie è quella di Anita. Nel 2012, quando aveva 10 anni, era una bambina felice nonostante un lieve ritardo espressivo e cognitivo: le cure della mamma erano riuscite ad alleviare le sue difficoltà e la piccola andava a scuola e frequentava corsi di nuoto, come tanti altri suoi coetanei. Otto anni dopo Anita, ormai diciottenne, ne ha passati sette in una comunità, per ordine del Tribunale di Bari. Questa ragazza fresca maggiorenne è peggiorata sensibilmente e presenta una grave “incapacità di intendere e di volere“, ricevendo un sussidio di invalidità.

Affido: il dramma di una madre sola contro tutti

Anita non sa quando potrà riabbracciare la mamma, Francesca Lobefaro. Per la quale gli ultimi anni si sono trasformati in un vero e proprio calvario. “Quando nel 2006 ho vissuto la sofferenza della separazione, il tribunale ordinario mi ha concesso l`affidamento esclusivo della piccola, che aveva 4 anni”, racconta la donna a Moia, che spiega: “Il momento è difficile. Anita ha interiorizzato le gravi tensioni di quei giorni, il clima pesante di violenza che respira in casa. Parla con grande fatica, appare quasi assente“. I medici diagnosticano il lieve ritardo di Anita che, però, con cure adeguate può esser però recuperato. “La piccola – racconta ancora Moia – frequenta così un centro di logopedia, a scuola è assistita da una maestra di sostegno con cui si crea un ottimo rapporto. La mamma chiede per lei anche un istruttore personale per le lezioni dì nuoto. La bambina rifiorisce”.

Fino a quando, su istanza del padre, nel 2012 il Tribunale concede l’affido condiviso ai due genitori. La ragazza rimane tuttavia collocata con la madre. Madre che ben due CTU (consulenze tecniche d`ufficio) definiscono “molto attenta ai bisogni della figlia”. Eppure, prendendo come motivazione la conflittualità tra i genitori, nel 2013 i giudici dispongono che la ragazza sia affidata a una comunità. Dove le sue condizioni peggiorano sensibilmente fino, appunto, ad arrivare alla grave incapacità di intendere attuale. E dove, spiega ancora Moia, “‘grazie’ a una legge regionale della Puglia a ‘tutela’ delle persone disabili, potrebbe addirittura rimanere fino ai 25 anni. Senza che la famiglia abbia la possibilità di intervenire”.

Affido: la comunità che nega le visite alla madre

“Da sette anni – spiega la madre – mia figlia vive lì dentro. Il giudice minorile ha disposto che sia assegnata ai servizi sociali di Cassano nelle Murge. Ma evidentemente non è stato fatto tutto quanto sarebbe stato necessario. Il peggioramento è stato evidente. Prima mi era concesso di vederla due volte al mese. E ogni volta potevo verificare quanto fosse evidente il suo declino. Credo anche che assuma molti psicofarmaci. Ho chiesto aiuto al tribunale per i minorenni, ma mi hanno risposto che il caso non era più di loro competenza. Il 27 luglio mia figlia ha compiuto 18 anni e non ho neppure potuto festeggiare con lei”. Non solo, ma dal 19 giugno 2020 questa madre non può più vedere sua figlia. A deciderlo, arbitrariamente, è stata la comunità che ospita Anita, perché ritiene disturbanti gli incontri tra figlia e madre. Quest’ultima protesta. “Non è così – dice a Moia – Anche stamattina mi ha mandato un messaggio audio in cui mi implora di andarla a trovare. Abbiamo fatto una denuncia per abuso di potere. Ho chiesto l`intervento del ministero della Giustizia. Ridatemi mia figlia, la vita senza di lei è straziante. Non posso pensare che rimanga altri 4 o 5 anni lì dentro”.

Storie come questa fanno inoltre capire come l’introduzione di una figura da lungo tempo invocata  da Ai.Bi. – Amici dei Bambini, quale quella dell’avvocato del minore, sia altrettanto non rinviabile. Proprio Ai.Bi. continuerà a seguire le storie raccontate da Luciano Moia così come il sito www.aibi.it darà un costante riscontro dell’iter seguito dalla riforma.