L’esperienza dell’Affido. “Hai davanti una ragazzina di 11 anni, che di giorno urla perché non vuole rispettare le regole… ma poi, la notte, ti cerca e arriva nel lettone”

“Un giorno, inizia a farti delle domande sul perché non può stare con la sua mamma e il suo papà. Si confida con te, e forse stai diventando per lei un punto fermo.” La testimonianza di una famiglia che racconta il proprio percorso di avvicinamento all’affido, tra la voglia di accogliere e la consapevolezza delle difficoltà e responsabilità

Dieci anni fa, abbiamo iniziato a interessarci all’affido familiare, ma vicende personali e familiari ci hanno costretti a mettere da parte il progetto. Solo lo scorso anno abbiamo deciso di riprenderlo in mano, spinti dal desiderio di fare della nostra famiglia un luogo accogliente, aperto agli altri.

La formazione

Il nostro percorso è iniziato con dei corsi di formazione sull’affido, che hanno gradualmente trasformato la nostra idea romantica di accoglienza in qualcosa di più concreto. Abbiamo dovuto confrontarci con delle complessità che non avevamo considerato, ma necessarie per poter valutare se proseguire o meno su questa strada.

Un bagaglio emotivo complesso

Abbiamo capito che accogliere un minore non significa solo far spazio a giochi, risate e scoperte. È anche confrontarsi con pianti, ribellioni e capricci, e richiede tanta pazienza. Accogliere un bambino in affido implica entrare in contatto con storie familiari fragili, con minori che possono essere oppositivi, che potrebbero non accettarci subito o non riconoscere il bisogno di regole. Questi bambini portano con sé un bagaglio emotivo complesso, che ci permetteranno di scoprire poco a poco, talvolta senza neanche avere gli strumenti per capire appieno ciò che hanno vissuto o stanno vivendo.

Una genitorialità condivisa

L’affido ci apre anche a relazioni con nuove figure professionali: psicologi, assistenti sociali, educatori, curatori e giudici. È un mondo con cui non avevamo mai pensato di entrare in contatto, ma con cui ora dobbiamo interagire per il bene del minore. In base al progetto di affido, dovremo relazionarci anche con la famiglia del bambino e con le sue fragilità. Entreremo a far parte di una rete, una sorta di genitorialità condivisa, dove tutti ci occuperemo del minore, confrontandoci con i limiti e le risorse di ciascun attore coinvolto, inclusi i nostri.
Questo percorso non sarà privo di sfide, soprattutto quando i limiti ci sembreranno ingiusti o difficili da comprendere. È fondamentale accettare la possibilità di chiedere aiuto: le famiglie affidatarie non sono sole, sono accompagnate da associazioni e servizi dedicati, dove possono trovare supporto, condivisione e confronto con altre famiglie che hanno intrapreso lo stesso cammino.
L’affido è un impegno che richiede molta flessibilità e spirito di adattamento. Pensandoci, può sembrare un’impresa quasi impossibile, ma anche se talvolta è un gratuito donare, ci tornano alla mente le parole di una delle testimonianze che abbiamo ascoltato: “Hai davanti una ragazzina di 11 anni, che di giorno urla perché non vuole rispettare le regole, vuole solo usare il tablet e mangiare pasta col tonno. Ma poi, la notte, ti cerca, arriva nel lettone e ti chiede la tua presenza. E un giorno, inizia a farti delle domande sul perché non può stare con la sua mamma e il suo papà. Si confida con te, e forse stai diventando per lei un punto fermo”.
Non sappiamo se andremo avanti, ma sicuramente questo percorso ci ha regalato un importante bagno di realtà, e di questo vi siamo grati.

Maggiori informazioni

Quando una famiglia attraversa un momento di difficoltà e non riesce a prendersi momentaneamente cura dei figli, i minori possono essere accolti per un periodo di tempo determinato in un’altra famiglia, la famiglia accogliente.
Ai.Bi. organizza diverse attività di formazione per famiglie, coppie o single pronte ad aprire la loro casa, e la loro vita, a un’esperienza di affido familiare. Tutte le informazioni si trovano sulla pagina dedicata del sito dell’Associazione.