Affido: una storia di “folle” amore ci insegna che cosa è la vita

Kaif è volato in cielo domenica 1° maggio, ad appena 4 anni, divorato da una sindrome terribile, ma circondato dall’amore di Chiara, la sua mamma affidataria: “Ho cercato di fargli fare una vita il più possibile normale e lui me l’ha cambiata, stravolta”

Kaif è volato in cielo, lo ha fatto domenica 1° maggio, a Firenze, ad appena 4 anni, dopo aver combattuto strenuamente contro una sindrome rarissima e un’immunodeficienza combinata che non li hanno lasciato scampo. Una vita breve, che ha saputo stravolgere quella di chi l’ha profondamente amato. Si è spento così il piccolo Kaif, circondato dall’amore della sua mamma affidataria, Chiara Fossombroni, che da quel primo incontro, due anni fa, non l’ha mai lasciato solo per un momento e l’ha reso, per il tempo che ha potuto, un bambino felice.

Un incontro nato per una coincidenza, un vero e proprio disegno della provvidenza.

Kaif, era solo, in un lettino del Meyer di Firenze, circondato certo dall’affetto dei medici e di tutto il personale sanitario, ma senza l’amore ed il sostegno quotidiano di una mamma che lo facesse sentire amato: “La sua famiglia  – ricorda Chiara Fossombroni nel toccante racconto raccolto da Elisabetta Fagnola e pubblicato sulla Stampa, dal quale attingiamo per raccontarvi questa toccante testimonianza di affido– dopo i primi otto, nove mesi ha iniziato ad andare in ospedale solo una o due volte la settimana, quindi Kaif era sempre solo su un lettino a guardare il soffitto e il Meyer ha dovuto chiamare i volontari prima della Croce Rossa e poi di altre associazioni affinché se ne prendessero cura”.

Chiara ha negli occhi ancora vivida l’immagine di quel primo incontro: “uno scricciolo – ricorda- in questo lettino, con gli occhioni grandi, espressivi, che istintivamente mi si è stretto al collo…”.

Kaif era divorato da una sindrome così terribile che nessuno si immaginava sarebbe potuto arrivare a 4 anni: “…ogni volta-ricorda Chiara, sulla Stampa– che andavamo in ospedale per un ricovero era sul filo, i medici sono sempre stati molto cauti ma io ho scelto di stare al suo fianco facendo con lui tutto quello che ai bambini piace fare, forse anche cose che un medico non avrebbe consigliato: l’ho portato a toccare l’erba per la prima volta, in montagna, al mare, a vedere gli animali, tutto ciò che è giusto i bambini possano vivere. Perché la vita non può essere solo stare su un lettino a guardare il soffitto…”.

Chiara, quando le sue condizioni lo permettevano, lo portava sempre fuori e Kaif era felice.

“…Ed è stato un piccolo miracolo dopo l’altro, perché ci dev’essere una motivazione a vivere, che è l’amore delle persone. Questo ho fatto, gli ho dato amore e lui ha vissuto, diventando curioso, intelligente, arguto. Ora è libero da tutti quegli aghi, dalle terapie, dalle costrizioni, ho cercato di fargli fare una vita il più possibile normale e lui me l’ha cambiata, stravolta”.

Bisogna conoscerli questi bambini e una volta incontrati l’affido viene naturale!

“Forse senza conoscerlo non me la sarei sentita: bisogna conoscere questi bambini e una volta incontrati l’affido viene naturale, si entra in connessione con loro”.

“L’esperienza dell’affido per me che non ho potuto avere figli ha insegnato che il fattore biologico è una cosa in più, ma essere genitori vuol dire stare accanto, proteggere, accudire…”.

Se vuoi diventare famiglia accogliente o avere maggiori informazioni sull’affido, visita la pagina dedicata di Ai.Bi. QUI