Afghanistan. Il console italiano a Kabul diventa un piccolo “eroe”

Le immagini mentre solleva dalla folla dell’aeroporto di Kabul un piccolo bambino hanno colpito tutti. Ma Tommaso Claudi, console italiano in Afghanistan, si schermisce: “Faccio solo il mio lavoro”

Le immagini, come si dice in questi casi, hanno fatto il “giro del web”, facendo impennare, suo malgrado, la popolarità di Tommaso Claudi, definito dai più “console” italiano a Kabul ma, più precisamente, Segretario di legazione. È lui l’uomo con il giubbotto antiproiettile e l’elmetto a tracolla che prende in braccio un bambino sottraendolo alla calca sottostante.

Tommaso Claudi, ultimo diplomatico italiano a Kabul

Solo “il mio lavoro” si è schermito parlando con il Corriere della Sera e Repubblica il giovane, rimasto l’unico esponente del corpo diplomatico italiano in Afghanistan; sottolineando subito dopo come quello immortalato nelle foto sia solo l’apice di un grande lavoro di gruppo: “C’è il mio ministero, c’è la Difesa, c’è l’intelligence. Io sono un piccolo ingranaggio del sistema”.
Resta il fatto, però, che su quel muro c’è lui, che quando può riposare ha un locale all’interno dell’aeroporto, nella zona affidata agli italiani. Ma non ci rimane molto, in questi giorni, visto l’incessante lavoro per portare in salvo i cittadini afghani e, naturalmente, tutti gli italiani che ne fanno richiesta”.
Per quanto riguarda il bambino, è stato poi riconsegnato nelle mani dei suoi familiari, tutti sani e salvi.

Bambini salvati dalla calca e riportati ai loro genitori

Come sano e salvo è anche un altro bambino diventato un simbolo di questi giorni a Kabul, quello dello straziante video girato all’aeroporto in cui viene affidato da una donna alle braccia di un soldato americano sopra il filo spinato.

Il Quotidiano Nazionale, citando Al Jazeera, riporta che i genitori del bambino avevano chiesto ai marines di prendersene cura perché era malato. E, infatti, i soldati lo hanno portato all’ospedale norvegese che si trova all’aeroporto, dove è stato curato e, quindi, restituito al padre. La fonte citata dalla Tv araba, ovvero il portavoce del Pentagono John Kirby, ha anche specificato di non sapere l’identità della famiglia né se facciano parte del programma speciale di evacuazione dei cittadini afghani in USA.

L’attentato all’eroporto di Kabul

Ma per qualche, piccola, nuona notizia che si riesce a costruire dall’Afghanistam, troppe e troppo grandi sono quelle cattive. Lo ha dimostrato il doppio attacco kamikaze all’aeroporto di Kabul che, secondo stime ancora in divenire, ha causato almeno 60 morti tra i civili oltre a 12 soldati americani.
L’attentato è stato rivendicato dall’ISIS-K, una divisione afghana dello Stato Islamico, nemica dei talebani e di al Qaida.
Biden, a poche ore dalla tragedia, ha dichiarato che i colpevoli non rimarranno impuniti, ma lo scenario in Afghanistan si fa più complicato di ora in ora, tra un’evacuazione ancora da portare a termine, i talebani che devono affermare il loro potere e la capacità di governare il Paese e, ome dimostrano gli ultimi fatti, i gruppi terroristici che rialvano la testa colpendo indiscriminatamente qualsiasi nemico, anche interno.