L’altra faccia dell’abbandono: “18 anni, il compleanno più triste della nostra vita”

I 18 anni sono l’età della patente, del diploma e del primo conto in banca. 18 anni sono un traguardo che tutti hanno atteso o attendono con ansia. Con la maggiore età, si può votare, si entra in possesso di un proprio passaporto e si ha la piena capacità di agire anche in ambito finanziario e bancario. Insomma i 18 anni sono un momento di “passaggio” da festeggiare: tanto è vero che la “festa dei 18 anni” è quella che più rimane impressa nella mente degli adulti ex ragazzi.

Ma non per tutti. Non per 28mila ragazzi “ex bambini” senza famiglia.

Per i 28mila ragazzi allontanati dalle famiglie d’origine, compiere 18 anni significa perdere ogni tutela: niente più assistenza, né vitto né alloggioafferma Antonio Marziale, garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria intervistato da La Stampa in un articolo pubblicato ieri 31 luglio 2017-. Appena diventano maggiorenni non hanno più la sicurezza di un tetto e di un piatto a tavola. Perdono tutto”.

A 18 anni si ritrovano soli, abbandonati al loro destino. Come del resto conferma con la sua diretta esperienza Valerio Anaclerio “Al 18° compleanno sulla torta c’erano preoccupazioni invece di candeline”, sorride. Finito in una casa famiglia ad Atripalda per un motorino rubato, dopo la morte della mamma non vuole tornare a Pozzuoli (“non c’entro più niente lì”).

La maggiore età è vissuta, dunque, come una disgrazia: “Senso di vuoto, precarietà, nessuna certezza”.  

Accanto a lui Ahmed Sahane annuisce. “Io 18 anni li compio ad agosto”, dice con un filo di voce prima di ripercorrere la sua Via Crucis che inizia con la fuga dalla Somalia, lo scampato reclutamento da parte dell’Isis, le violenze degli scafisti e il fallito reinserimento nella famiglia dello zio in Svizzera.

I minori fuori dal nucleo di origine sono 28.449, divisi a metà tra famiglie affidatarie (14.194) e comunità residenziali (14.255).  In Italia il 60% degli affidamenti si protrae per oltre 2 anni e il 31,7% supera i 4 anni.

In questa condizione di abbandono, molti ragazzi per sopravvivere diventano manovalanza per i clan criminali, per il caporalato o finiscono nei circuiti della prostituzione. Far uscire dal Welfare statale i neo 18enni significa consegnarli al business dell’illegalità.

Un vero e proprio dramma quello dei care leavers, tanto in Italia quanto nel resto del mondo, soprattutto nei Paesi dell’Africa. Qui il 90% dei bambini che crescono in istituto e ne escono a 18 anni va incontro a un destino segnato: suicidi, prostituzione e delinquenza solo il restante 10% si realizza nella vita.

Bambini poi ragazzi che vivono l’abbandono e il fatto di non essere stati adottati e quindi la possibilità negata di tornare ad essere figli.

Secondo ricerche portate avanti anche da Ai.Bi., i care leavers e i giovani che lasciano i centri di accoglienza mostrano incapacità a prendere decisioni in modo autonomo; sfiducia nella propria personalità, poco affermata durante gli anni vissuti in comunità e insoddisfazione nella realizzazione personale.

Un esercito invisibile di cui non si sa più nulla: ragazzi che hanno alle spalle situazioni terribili e non possono tornare indietro. Abbandonarli significa perderli, far finta di niente è orrendo.

Per questo Ai.Bi si è sempre adoperata per questi ragazzi studiando ad hoc nei vari Paesi in cui è presente, come in Kenya e Adozione a Distanza Marocco, corsi di formazione in modo da rendere i care leavers competitivi sul mercato del lavoro; impartendo competenze di vita, di autostima e di etica lavorativa e stabilendo programmi di supporto scolastico come borse di studio che aiutano i giovani a proseguire i loro studi e a realizzare se stessi.

Iniziative, dunque, che mirano a trasformare quei “muri” in un “wonderwall”, cioè in un “muro di meraviglia e di speranza”.

Fonte: La Stampa