Gli “angeli dell’Ucraina” di Ai.Bi.

Dallo scoppio della guerra Ai.Bi. si è subito attivata per aiutare bambini e famiglie dell’Ucraina. Per farlo, può contare su cooperanti e collaboratori attivi sul territorio, che si spendono quotidianamente per portare sostegno, aiuto e speranza. Conosciamo meglio Giuseppe, il coordinatore delle attività in Ucraina del progetto Bambini per la Pace

Giuseppe Chiorazzo vive in Ucraina dal 2015, quando il conflitto nel Donbass era già in corso da un anno. Di origine lucana, racconta la sua scelta e il suo ultimo impegno come cooperante con la serenità di chi ormai si è inserito pienamente nel Paese. Oggi è a capo del progetto di Amici dei Bambini “Bambini per la pace”, sostenuto dall’AICS – Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, che ha l’obiettivo di garantire assistenza, cura e protezione alla popolazione ucraina, con particolare attenzione a minori e donne.

L’impegno quotidiano di un cooperante in una zona di guerra

“Il nostro lavoro consiste in varie attività di assistenza umanitaria – racconta Giuseppe – attraverso, in primo luogo, la distribuzione di cibo e beni di prima necessità, i cosiddetti kit food, kit igienico-sanitario, kit scuola e kit winter, per poter assistere circa 750 famiglie nella regione di Kiev, tra Karapishi e Volodarka. In secondo luogo, con varie iniziative di sostegno psicologico a donne e minori”.
Le attività di emergenza procedono, malgrado le difficoltà che portano con sé l’inverno e gli ormai frequenti blackout.
“La situazione attuale è complessa, riguarda sia gli inevitabili ritardi che comporta una realtà di guerra, sia il contesto Paese – prosegue Giuseppe: il settore produttivo vive difficoltà legate non solo alle interruzioni elettriche, al rischio di vedere il proprio magazzino bombardato e distrutto da un drone, ma anche al fatto che sempre più uomini sono chiamati alla leva militare”.
Le unità mobili di Ai.Bi. distribuiranno generi alimentari e per l’igiene personale, ma porteranno anche supporto psicologico per affrontare il trauma di una guerra che non sembra voler terminare. “Consegnare i kit ai destinatari, già prima della guerra, in condizioni normali, era difficile: oggi tutto si complica con le strade accidentate e le temperature sotto zero.”

 Per i bambini, quali iniziative sono previste?

Sarà presto operativo il Ludobus con la nostra équipe di animazione per i più piccoli: grazie a questo riusciremo a raggiungere anche i villaggi limitrofi alle città principali di intervento, con l’obiettivo di intercettare più di 3.000 beneficiari. Si allestiscono ludoteche dove poter giocare ogni giorno e spazi sicuri anche per i familiari.

I bambini riescono a frequentare le scuole o sono in DAD?

Non tutto il Paese è in DAD. Alcune scuole sono aperte soprattutto se possono garantire il riscaldamento e i servizi, altre no. Anche a Kiev tutto dipende dagli istituti. In generale si cerca di garantire l’insegnamento in presenza.

Come si vive il quotidiano con il senso di precarietà e pericolo?

Sono giornate nervose e vissute in costante attesa, cerchiamo di lavorare e andare avanti ma viviamo sempre con una allerta psicologica. La tecnologia ci ha aiutato in questi mesi, ma i frequenti blackout hanno complicato e ritardato molto. In queste ultime settimane non funzionavano regolarmente i telefoni, internet si staccava di frequente, due operatori di telefonia su tre erano fuori uso. Io mi ero premunito di tre schede di tutti e tre gli operatori per poter lavorare, ho un generatore, in caso di distacco prolungato del riscaldamento, ma è ovvio che anche le situazioni lavorative sono ogni giorno molto complesse.

Come sono scelte le famiglie beneficiarie di questi aiuti?

La scelta delle famiglie segue una procedura di registrazione e valutazione: questo tipo di aiuto è rivolto primariamente ai rifugiati interni. Dobbiamo considerare che da fine giugno Kiev sembra nuovamente popolata: uscendo per strada si trova il traffico che c’era prima della guerra. A volte potrebbe sembrare una situazione di vita normale. Gli ucraini ritornano nel loro Paese perché vogliono restare nella loro terra, ma hanno bisogno di aiuto: una parte della popolazione che aveva lasciato le case apparteneva al ceto medio ucraino, quindi ha fatto fatica a trasferirsi e vivere in Italia o in altri paesi europei, così ha preferito tornare.

Il progetto prevede anche un supporto psicologico telefonico. Come funziona?

È prevista una linea telefonica, attiva compatibilmente con le difficoltà che dicevamo, dedicata a donne e minori vittime di violenza di genere a Kiev. Di fatto sarà un servizio raggiungibile da tutta l’Ucraina.

Cosa ti aspetti dai prossimi mesi di progetto e di vita in Ucraina?

Da quando sono qui a Kiev, mai avrei immaginato di vedere dalla finestra i missili cadere, sentire ogni giorno il suono delle sirene, camminare a fianco di carri armati. Dai giorni dell’invasione russa, tuttavia, non me la sono sentito di lasciare un Paese in cui mi sono sempre trovato bene, mi sembrava un torto andarmene proprio adesso che c’è bisogno. In più, grazie a questo progetto di Ai.Bi. ho l’opportunità non solo di lavorare ma di aiutare la popolazione e un Paese che si merita il nostro sostegno.