Assegno unico: perché l’ha chiesto solo il 20% delle famiglie? C’è tempo fino al 30 settembre

Finora l’assegno unico ponte è stato richiesto da 352 famiglie su 1,8 milioni di aventi diritto. Il sospetto è che ancora una volta la burocrazia scoraggi le domande, specie per una misura destinata a essere valida per 6 mesi

Se ne è parlato tanto, poi, alla resa dei conti, la partenza dell’assegno unico sembra essere stata più stentata del previsto. Secondo i dati, solo una famiglia su 5 di quelle aventi diritto ne ha fatto richiesta. Certo, i mesi di luglio e agosto non sono certo i migliori per poter avere dati certi, e in tanti si aspettano che a settembre ci possa essere una crescita delle domande (c’è tempo fino al 30 settembre per ricevere gli assegni anche per luglio e agosto, ma la richiesta può essere fatta anche dopo, solo non darà più retroattiva), ma certo non c’è stato il “boom” che qualcuno si sarebbe aspettato.
Secondo i dati INPS disponibili, riportati da Famiglia Cristiana, su 1 milione e 800 nuclei interessati all’assegno ponte (quello valido da luglio a dicembre, per chi non ha diritto agli ANF) sono 352 mila le domande arrivate.

Più che parlare di flop dell’assegno unico sarebbe il caso di informare

Gigi De Palo, Presidente del Forum Nazionale delle Associazioni Familiari, artefice e instancabile promotore di questa misura, ha scritto un messaggio per dire come, più che fare titoloni sull’ipotetico flop, i giornali dovrebbero impegnarsi a informare di più e meglio sull’esistenza di questa possibilità. E se non lo fanno, scrive De Palo, “Allora lo ricordo io: tutte le famiglie che hanno figli under 18 possono fare richiesta seguendo le indicazioni contenute in questo link dell’INPS. Per chi prende già assegni familiari (ovvero i lavoratori dipendenti) o il reddito di cittadinanza l’aumento arriverà automaticamente, chiaramente facendo la richiesta degli ANF come ogni anno”.
Al di là di quello che succederà nelle prossime settimane, però, vale la pena chiedersi il perché di questa partenza a rilento. Sicuramente, uno dei motivi è la non immediata comprensione sia della platea a cui è rivolto il provvedimento, sia alla certezza su quella che possa essere la cifra che verrà percepita. Se a questo si aggiunge il carattere provvisorio della misura, destinata, se tutto va come stabilito, a essere sostituita dal vero Assegno Unico Universale che dovrebbe partire da gennaio 2022, si può immaginare come diverse famiglie possano avere rinunciato all’idea di fare subito la richiesta rimandando la questione a gennaio.
Anche perché, e questo è il vero problema di fondo, che riguarda quasi tutti i bonus e i rimborsi promessi dallo Stato, le procedure burocratiche sono sempre piuttosto complesse.
Lo si vede anche nei rimborsi spese per le adozioni internazionali, con meno della metà delle coppie che riesce effettivamente a concludere l’iter.

Troppi documenti e lentezze burocratiche

Anche senza addentrarsi in analisi particolari, qualsiasi famiglia che abbia provato a fare domanda per un bonus in cui serve l’ISEE, per esempio, si sarà trovata di fronte al “collo di bottiglia” dei CAF, che non riescono a stare al passo in tempi rapidi a tutte le richieste che vengono fatte loro di produrre questo documento. E per un provvedimento destinato a durare sei mesi, si capisce come un possibile ritardo di un paio di mesi possa facilmente convincere chiunque a non andare avanti con la richiesta. Senza parlare del fatto che l’ISEE dovrebbe essere garantito gratuitamente, ma che, essendo diventato per molti caf l’attività principale, ha costretto diversi uffici a rilasciarlo solo agli iscritti, ovvero… a chi paga una quota di iscrizione. Con tanti saluti al servizio gratuito.

Insomma, prima di parlare di “flop” o di partenza a rilento bisognerebbe valutare bene la natura del provvedimento e i suoi tempi, nonché ragionare sul fatto che quasi sempre i fondi stanziati “sulla carta” per i diversi bonus e rimborsi finiscono per essere consumati dalle effettive richieste in misura molto minore rispetto alle aspettative. Possibile siano sempre gli italiani a non voler utilizzare delle risorse che li potrebbero aiutare?