Cambogia, un gruppo di giovani al servizio dei bimbi dell’orfanotrofio Kien Kleang

(Phnom Pehn) Dallo staff locale di AiBi arriva il racconto delle attività di un gruppo di giovani che ha deciso di dedicare parte del proprio tempo libero ai bambini dell’istituto Kien Kleang. Di seguito ne riportaimo il testo:

“Il tuc-tuc, uno dei trasporti piú comuni in tutto il Sud-Est asiatico, ci aspetta sotto casa.
Per andare al Kien Klenag Orphanage, dobbiamo attraversare tutta la cittá. Nonostante il caldo torrido del primo pomeriggio, le strade sono brulicanti di persone: un camion pieno di gente, gli uni stretti accanto agli altri in un incrocio di mani e di braccia, intere famiglie su un motorino, un carretto con ogni genere di mercanzia, qualche macchina di grossa cilindrata. L’atmosfera é impregnata dell’odore della pioggia: benché la stagione dei monsoni sia quasi al termine, i temporali continuano ad essere frequenti.
Arriviamo, infine, sull’altra sponda del Tonle Sap, affluente del Mekong, dove sorge un quartiere molto povero, il Russey Keo District, con la strada in terra battuta, una vegetazione rigogliosa e le case in legno ad un piano dalla cui soglia fanno capolino gruppi di bambini. Nell’aria un odore di pesce essiccato, elemento costante nell’alimentazione della gente che abita lungo il fiume.
Quello che colpisce subito sono i sorrisi delle persone: a differenza del resto della cittá, in cui la vita scorre frenetica, qui l’atmosfera é quella di un villaggio, in cui il tempo sembra trascorrere piú lentAmante e le persone piú propense al dialogo e alla condivisione.
Arriviamo, infine, all’orfanotrofio, un edificio fatiscente che evoca solo nell’immaginazione la grandezza di un tempo, quando per i suoi cortili passeggiavano i monaci. Si tratta, infatti, di un antico convento. Ora tra i muri incrostati di muffa e i lunghi e vuoti corridoi, trascorrono parte della giornata 125 bambini.

Da quando Amici dei Bambini ha varcato la soglie del Kien Kleang Orphanage, tanti sono stati i piccoli “Chicchi di felicitá” disseminati nel cuore dei nostri ragazzi: la ristrutturazione del dormitorio per i ragazzi del centro, il recupero di due locali grazie al sostegno finanziario di AibiTrophy, all’interno dei quali sorge adesso la ludoteca, la realizzazione di un database con le informazioni sulla vita dei bambini e dei ragazzi che ci consente di conoscere meglio le loro storie e realizzare dei piani di vita individuali mirati al reinserimento sociale e/o familiare.
Ma non c’é mai fine al tentativo di colmare i vuoti e alleviare le ferite che l’abbandono associato ad una lunga istituzionalizzazione, provoca nell’intimo di questi bambini-adolescenti.

Ecco allora che prende vita l’idea di creare un “Gruppo Giovani” all’interno del KKO con l’intento di entrare in contatto con la realtá dei giovani adolescenti che vivono in istituto, nel tentativo di conoscerli meglio, riflettere insieme sulle problematiche che li riguardano, capirne i bisogni e stimolarli a creare un network di giovani dal quale nascano idee ed iniziative mirate a supportare i bambini senza famiglia. L’idea é nata grazie all’appoggio di 4 giovani cambogiani sui 20 anni che hanno dato la loro disponibilitá ad Ai.Bi offrendosi come volontari per condividere le loro esperienze di vita con i ragazzi dell’istituto. Questo piccolo gruppo, composto da due ragazze e due ragazzi, non fa parte dell’Istituto, ma proviene dalla realtá della discarica di Steung Meanchey, uno dei tanti distretti in cui é suddivisa la cittá di Phnom Penh. Da bambini, a causa della povertá che affligge le loro famiglie, trascorrevano molto tempo alla ricerca di rifiuti nella discarica da poter rivendere al mercato del riciclaggio guadagnando cosí qualcosa per poter aiutare le loro famiglie. In seguito, grazie al sostegno di una ONG francese, “Pour un sourire d’enfant” hanno avuto la possibilitá di studiare e crescere all’interno di un ambiente protetto. Oggi, consapevoli delle difficoltá che si incontrano in una vita fatta di privazioni e consci di cosa voglia dire dover crescere in fretta, senza il diritto di essere bambini, sentono il desiderio di mettere a disposizione parte del loro tempo per i bambini abbandonati.

Man mano che parliamo con i ragazzi, i bambini intorno a noi, diventano sempre piú numerosi. Li riuniamo e formiamo un cerchio all’interno di un ampio locale che un tempo aveva la funzione di chiesa. Per rompere il ghiaccio, facciamo un giro di presentazioni. Sono all’incirca una ventina, di cui la maggioranza tra i 15 e i 20 anni. Chiediamo loro di raccontarci i loro sogni. Inizia Sophan Mai, una bambina dallo sguardo vivace e intelligente che sembra avere 9 anni, ma poi scopriamo averne 12.
Quasi tutti i bambini sembrano, infatti, molto piú piccoli dell’etá che hanno, in quanto probabilmente presentano un ritardo nello sviluppo dovuto ad un’alimentazione inadeguata e alle condizioni in cui hanno vissuto. Ci rivela che il suo sogno é quello di diventare pittrice.
I ragazzi piú grandi, alcuni dei quali studiano all’Universitá, vorrebbero diventare medici, ingenieri, insegnanti. Chi, invece, ha giá capito come vanno le cose, vorrebbe diventare business man o funzionario governativo. Tra battute e sorrisi, si crea un clima di confidenza e i ragazzi ci raccontano le loro storie. Molti di loro sono orfani e non hanno mai conosciuto i genitori. Hanno vissuto per qualche anno con i familiari che poi li hanno portati all’istituto. Alcuni di loro hanno la mamma che peró non ha le possibilitá di mantenerli e di pagare loro gli studi. Mentre parlano del loro passato, si legge una grande tristezza nei loro occhi, che cercano peró subito di allontanare proiettandosi con la mente verso un futuro luminoso in cui potranno aiutare i loro familiari o i bambini che hanno vissuto la loro stessa esperienza.
I 4 ragazzi piú grandi, attorno a cui ruoteranno i prossimi incontri, raccontano di venire da una realtá di abbandono e spiegano agli altri di voler creare con loro un gruppo giovani per poter parlare delle tematiche che li riguardano. Un ragazzo, Samnang , attira la mostra attenzione per l’energia che traspare dalle sue parole: sembra infatti realmente motivato a creare un’associazione di giovani che possa essere un reale supporto per i bambini che non hanno nessuno. L’incontro si chiude con uno scambio di qualche parola in francese, in inglese e in khmer e la promessa di un secondo incontro sabato prossimo.

I ragazzi sembrano entusiasti. E anche noi lo siamo. Nonostante la barriera della lingua, lo scambio e l’apertura reciproca ha creato una grande sinergia che, speriamo, possa dare presto i suoi frutti. ”

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