Cile. La prova di Pablo: “Per provocarci a casa parlava sempre in spagnolo, ma a scuola in italiano”

basketUna mattina di febbraio, Pablo entra nella palestra di una scuola in provincia di Reggio Emilia. Fa qualche palleggio, schiva un paio di bambini, tira dando le spalle… canestro! Ovazione dei compagni: Pablo, sei dei nostri!

È stato così che Pablo, 10 anni dal Cile, appena adottato da mamma Francesca e papà Roberto, è stato accolto dai suoi nuovi compagni di classe italiani. Un ingresso “spettacolare”, frutto di un’idea azzeccata della sua insegnante. “Prima della partenza avevamo parlato con le maestre che, mentre noi eravamo ancora in Cile, avevano preparato i compagni – dice Francesca, ricordando quei primi giorni difficili, in cui il bambino sembrava rifiutare l’Italia, la sua lingua, la nuova realtà in cui si trovava a vivere -. Al rientro, dopo qualche settimana di riposo a casa, la maestra mi consigliò di portare nostro figlio a scuola durante l’ora di ginnastica. È stato un successo!”

Sì, perché come quasi tutti  i sudamericani, anche Pablo ama molto stare in compagnia e ha una forte passione per lo sport. “Ci siamo dati subito da fare per cercare qualcosa che potesse appassionare nostro figlio e aiutarlo ad ambientarsi – racconta ancora Francesca -. Sapevo che voleva stare con altri bambini e che gli piacevano tutti gli sport, in particolare il calcio. Così sono andata alla società calcistica del paese vicino e ho trovato un allenatore che ha subito capito la situazione e ha inserito Pablo in una squadra di ragazzini”. In questo modo, il ragazzino arrivato dalle Ande ha cominciato ad apprezzare il mondo nuovo che lo circondava e che gli stava aprendo le porte.

Gli applausi e le grida gioiose dei suoi compagni hanno sopperito alla mancanza del calore fisico che Pablo aveva lasciato in Cile. Lui infatti è originario di Arica, una città cilena a pochi chilometri dal confine con il Perù, dove non piove quasi mai, tanto da essere considerata la città dell’eterna primavera.

Proprio in questo luogo meraviglioso, il 17 novembre 2014, Pablo ha incontrato per la prima volta Francesca e Roberto. “Abbiamo fatto un viaggio lunghissimo – ricordano -: partiti il 14 novembre e arrivati a Santiago, ci siamo poi trasferiti ad Arica dopo 3 ore di volo. Per una serie di circostanze siamo rimasti meno dei 60 giorni previsti e siamo arrivati in Italia a metà gennaio”.

Non è stato un viaggio idilliaco, raccontano ancora i neogenitori, perché Pablo faticava a lasciare il suo Paese. “Nei primi tempi, inutile negarlo, ci ha messo davvero alla prova – ammettono Francesca e Roberto -. Utilizzava i compiti o il rispetto delle regole come occasioni per entrare in lotta con noi. Ma non bisogna mollare! Addirittura per provocarci parlava sempre in spagnolo in casa quando sapevamo dalle maestre che a scuola si faceva capire bene in italiano!”

Ma il tempo e l’amore sono riusciti a curare le ferite e giorno dopo giorno la famiglia ha preso forma. “I frutti della fatica si raccolgono – afferma felice Francesca – e adesso Pablo sembra un’altra persona: ha grandi potenziali e, a parte le indubbie capacità intellettive e la sua energia fisica da piccolo atleta, sta emergendo anche la sua dolcezza. Qualche giorno fa – ricorda la mamma – si è preoccupato perché ha rotto un vetro, quando fino a poco tempo fa quasi provava piacere a combinare disastri!”

Fondamentale, in questo quadro, anche il contributo della scuola. Eppure gli psicologi avevano consigliato di posticipare l’ingresso a scuola, favorendo invece i legami familiari. “Ma non potevamo tenere tutto il giorno in casa un bambino di 10 anni – continuano i genitori -. Così, d’accordo con la maestra, abbiamo iniziato l’anno scolastico a febbraio, senza alcuna aspettativa di risultati: dopo il successo delle lezione di ginnastica, del resto, fu proprio Pablo a chiederci di restare in classe con i suoi compagni!

L’adozione di un bambino un po’ più grande, quindi, non è una missione impossibile. Alle famiglie che li accoglieranno, Francesca e Roberto consigliano di vivere questa bella esperienza con tanta pazienza, rassicurando i loro figli senza perdersi mai d’animo.

“Siamo innamorati di Pablo – dicono -, anche se abbiamo passato giornate in cui pensavamo di non farcela. Abbiamo messo in campo tante energie, fiducia e pazienza. Del resto la vita di Pablo non è stata semplice: ha trascorso, già grande, un paio di anni in istituto e, in precedenza, alcuni periodi in affido. Ora sappiamo che la sua adozione, come l’intera vita, è un cammino tutto da scoprire insieme”.