Una donazione in memoria a noi sembrava molto meglio dei fiori: la storia di Nino

NN , ‘non conosco il nome’, quindi figlio di genitori ignoti. E invece qualcuno al Tribunale per i minorenni di Milano, nel 1936, pensò che NN potesse trasformarsi in Nino… così iniziò la sua storia…

NN , ‘non conosco il nome’, quindi figlio di genitori ignoti.
E invece qualcuno al Tribunale per i minorenni di Milano, nel 1936, pensò che NN potesse trasformarsi in Nino. Come cognome, così da registrare quel neonato abbandonato in culla, se ne scelse uno dei tanti che all’epoca erano contenuti in una specie di dizionario in dotazione dei giudici, ai fini della registrazione in anagrafe.
Ma dopo pochi giorni quel neonato si ritrovava già nelle braccia di una coppia di Milano e così Nino fu successivamente adottato con il cognome dei genitori, Catacchio.

La donazione in memoria

Nino è mancato da poche settimane e suo figlio Francesco è ben felice di scandire il nome e il cognome di quel papà nato nell’anonimato, ora che a favore di Ai.Bi. e dei progetti Fame di mamma è stata devoluta una donazione in sua memoria, frutto di una raccolta fondi tra amici e parenti.
“È stata un’idea che ci è venuta mentre ci trovavamo in agenzia funebre. Una donazione in memoria a noi  sembrava molto meglio dei fiori. E così, cercando una associazione che si occupasse di bambini abbandonati, abbiamo trovato Amici dei Bambini. Abbiamo raccolto quasi 700 euro e ne siamo contenti. È bello vedere  il nome e il cognome del papà accanto a progetti che tanto hanno in comune con lui”.

L’adozione prima della legge 184/83

La storia di Nino viene da lontano e si iscrive in un contesto delle adozioni molto diverso da quello attuale a livello sia giuridico che sociale. Prima della legge 184/83, che superava e sviluppava la precedente del 1967, l’adozione non era concepita come uno strumento di protezione nell’interesse di un minore abbandonato: prevaleva un aspetto caritatevole della tutela tanto che in ogni città vi erano brefotrofi e orfanotrofi, spesso gestiti da ordini religiosi, per bambine e bambini. A livello di percezione sociale, l’adozione era ancora una sorta di tabù, in nome di una presunta superiorità dei legami di sangue, o comunque qualcosa che si realizzava ma accadeva nel silenzio, spesso nella cerchia di persone che si conoscevano, anche alla lontana. E ancor più frequentemente, i ragazzi adottati venivano a conoscenza molto tardi della loro adozione o addirittura, mai.
“In quegli anni non c’era una tutela psicologica, la formazione, l’accompagnamento delle famiglie – dice Francesco – : l’importante era che il bambino fosse sano perché si credeva che le cose sarebbero andate a posto da sole nel tempo. I miei nonni, genitori di mio papà, hanno fatto di tutto per lui, forse anche per paura di perderlo: i primi sei mesi di vita infatti il bambino era stato a loro affidato, solo dopo questo tempo l’adozione fu effettiva”.

L’infanzia di Nino

Nino, ricorda suo figlio Francesco, “ha avuto una infanzia bellissima, protetto e viziato dai nostri fantastici nonni, immigrati dalla Puglia. Mio nonno era un cantante lirica al Teatro alla Scala e la nonna proveniva da una famiglia agiata. Mio papà ha potuto studiare e crescere nel benessere. Solo quando sono mancati i genitori, ha saputo la verità sulla sua storia. Aveva circa 50 anni”.
E come nelle commedie all’inglese, caso volle che in occasione del funerale dei nonni, alcuni parenti pugliesi, rivelarono di sapere tutto di Nino, quel “bambino fortunato che oggi si ritrova un bella eredità”. Frasi neanche troppo sibilline che aprirono uno squarcio nella vita di Nino, lui così alto e corpulento, figlio di due genitori dai tratti fisici così diversi.
“Lui ci disse che non ha mai saputo niente della sua storia e dell’adozione ma noi non ci abbiamo mai creduto molto. Forse anche lui aveva capito ma non ne voleva parlare”.
Tuttavia questa rivelazione fece deflagrare un piccolo terremoto interiore in Nino, “che in parte si sentiva un po’ tradito da quei genitori che lo avevano amato che si erano portati questo segreto nella tomba. Gli altri parenti in famiglia sapevano, tranne lui”.

La ricerca delle origini

A questo punto, la storia si arricchisce di particolari perché entra in gioco la moglie di Nino, mamma di Francesco.
“Mia mamma ha iniziato le sue personalissime indagini!” dice Francesco ridendo e come sempre accade, chi cerca trova.
“Alla fine la verità è emersa: c’era un certificato di nascita da una madre 18enne e un padre molto più anziano di lei che non voleva riconoscere il figlio e quindi a pochi giorni dalla nascita mio papà, che si trovava nel brefotrofio di via Macedonio Melloni a Milano, era stato affidato ai miei nonni, forse attraverso una rete di conoscenze, e poi adottato ufficialmente 6 anni dopo”.
Nel contempo, la madre di Francesco è persino riuscita a rintracciare la madre biologica di Nino e questo puzzle pian piano si è ricomposto anche se non è servito a portare serenità.

Confrontarsi con il proprio passato

Mio papà non ha mai fatto molta pace con la sua storia – conclude Francesco – . Mia mamma quando ha rintracciato questa signora si è ritrovata davanti una specie di sosia di mia sorella, ma anziana. Mio padre a quel punto è stato in grado di ricordare brandelli di vita passata, in quei 6 anni in cui ancora non era stato ancora legalmente adottato: mio padre improvvisamente si ricordò di alcuni pomeriggi di Natale in cui andava a trovare una signora che gli regalava sempre un panettone. Era la sua mamma biologica”.
Con lo scoppio della guerra tutti i contatti vennero persi: Nino ormai di cognome faceva Catacchio ed era già da tempo, a tutti gli effetti, un figlio.
“Mio padre ha sempre avuto una sorta di trauma da abbandono, tanto che era sempre molto fragile e in cerca di amore – racconta Francesco – : certo non era il cliché del padre forte e sicuro di tutto, ma certo un uomo buono che ha sempre cercato affetto nei genitori, prima e nella famiglia che ha costruito, poi. È stato un esempio di papà forte nei sentimenti, affettuoso e un po’ fragile”.
E forse chissà: questa donazione in memoria di Nino, che sosterrà progetti per bambini privati del bene primario – la famiglia – segna la chiusura di un cerchio, aperto nel 1936.

Domande e informazioni sui lasciti solidali  e donazioni in memoria

Per ulteriori informazioni sui lasciti è possibile consultare la pagina dedicata del sito di Ai.Bi., scrivere alla mail lasciti@aibi.ito chiamare il numero 02.98822332.