Dopo Bibbiano. Sono 26mila i bambini fuori famiglia in Italia. E l’affido spesso dura oltre i quattro anni

Per loro Amici dei Bambini ha lanciato la proposta di una Carta dei Diritti degli Out of Family Children

Le vicende di Bibbiano hanno fatto sollevare nuovamente il sipario sul tema dell’affido. Un istituto che è un’importante forma di accoglienza, certo. Ma che, in Italia, dura spesso più del necessario (la legge prevedrebbe, salvo proroghe, un massimo di 24 mesi): oltre i quattro anni nel 36,4% dei casi di affidamento familiare, con il 60% dei casi di affidi complessivi comunque superiori ai due anni. La fotografia completa più recente sul settore è quella scattata dall’indagine dell’Istituto degli Innocenti di Firenze. Che spiega come, nel belpaese, il mondo dell’affido coinvolga circa 26mila bambini e ragazzi con genitori in difficoltà: 14mila di questi sono accolti da famiglie diverse da quella di origine e 12mila sono invece collocati nei servizi residenziali per minorenni. Un dato che rappresenta il 2,7 per mille dei ragazzi e bambini sotto i 18 anni di età in Italia.

La misura, in teoria, dovrebbe limitarsi a intervenire in casi estremi: in base alla legge 184 del 1983, modificata dalla legge 149 del 2001, l’affido può essere disposto nel caso che la vita e l’educazione dei minori siano seriamente a rischio nella famiglia originaria e certamente non bastano motivi minori, come quelli economici. Tuttavia, poiché la medesima legge non fornisce un elenco di situazioni preciso, ci si deve attenere all’articolo 403 del Codice civile. Il quale favorisce una netta discrezionalità da parte dei servizi sociali. Nella procedura urgente, per esempio, questi decidono autonomamente e senza il consenso della famiglia d’origine il trasferimento del minore e solo in un secondo momento avvisano il Tribunale per i minorenni. Cosa che a volte avviene addirittura a distanza di mesi.

E finito il periodo di affido? Cosa accade? Il rientro nella famiglia d’origine avviene solo nel 40% dei casi. Per oltre il 30% dei minori l’iter si conclude con un ulteriore affido in altra famiglia o struttura, mentre per poco più del 15% si realizza l’adozione. Così c’è chi ha sollevato, al fine di garantire la temporaneità dell’affido e l’elaborazione di un progetto di vita per i bambini interessati dal fenomeno, la necessità di un riconoscimento giuridico formale del minore fuori famiglia. Si tratta di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, che da oltre un trentennio combatte l’abbandono minorile in Italia e nel mondo.

L’organizzazione presieduta da Marco Griffini ha lanciato la necessità di una Carta dei Diritti degli OFC (Out of Family Children), che definisca otto diritti fondamentali: diritto di essere accolto in una famiglia costituita da un padre e da una madre; diritto alla partecipazione e all’ascolto; diritto ad una chiara e universale definizione dello stato di abbandono; diritto alla nomina di un avvocato fin dall’ingresso nella categoria degli OFC (si tratta dell’”avvocato del minore”); diritto ad essere accompagnato da una equipe psico-socio-giuridica; diritto ad essere sostenuto da un’associazione che abbia come precisa finalità la tutela dei diritti dell’infanzia; diritto di rimanere nella condizione di OFC solo temporaneamente; diritto al risarcimento del danno quando il diritto ad una famiglia viene violato.