È necessaria una nuova legge per l’adozione internazionale? Risponde Paola Crestani del CIAI

MILANO 29 maggio – Il più vecchio degli enti autorizzati per le adozioni internazionali (attivo dal 1968) ha discusso con Ai.Bi. i punti di riforma della legge per una nuova adozione internazionale, alle 16:00, presso la Fiera della Famiglia, nella persona di Paola Crestani, presidente. Ecco lo svolgimento del dibattito.

Marco Griffini. Siamo molto preoccupati: stiamo assistendo a una crisi delle adozioni internazionali. Con le idoneità siamo scesi del 49% in cinque anni; dal 2006 al 2010 siamo calati del 32% nelle domande di adozione internazionale. Di questo passo nel 2020 assisteremo alla fine delle adozioni internazionali. Giovanardi, quando era ministro, ci rispose che sono dati positivi, le coppie hanno acquisito una conoscenza maggiore della realtà dell’adozione internazionale, sono diventate più mature. Cosa ne pensa il CIAI?

Paola Crestani. Parto dal passato. Ci rendiamo conto purtroppo che l’adozione internazionale è cambiata tantissimo. Assistiamo a una vera crisi delle adozioni internazionali e a un cambiamento nelle necessità dei bambini che hanno bisogno di un’adozione. La tipologia dei minori è cambiata molto. Sono diventati in buona parte bambini dai bisogni speciali: hanno caratteristiche particolari in fatto di salute, di traumi subiti. Sempre più le famiglie si trovano a dover accogliere bambini con queste peculiarità, e occorre trovare per questi bambini la famiglia migliore.

G. Il problema adesso è un po’ anomalo. Oggi la crisi è anche non tanto trovare la famiglia migliore: ora abbiamo più bambini adottabili che famiglie disponibili o idonee.

C. La soluzione è, per prima cosa, non abbandonare le famiglie che adottano, dare loro una speranza.

G. Come fai a ridare speranza? Noi conosciamo famiglie che rinunciano ancora prima di partire.

C. La soluzione è, oltre a mettere le famiglie nella condizione di essere sostenute di più e meglio, anche diffondere il concetto che la disponibilità all’accoglienza di 50 anni oggi fa non la troviamo.

G. Quindi, è necessaria o no una nuova legge?

C. Non credo che basti una legge. Serve una nuova cultura della famiglia e dell’accoglienza.

G. Una legge può fare cultura?

C. Assolutamente sì. Cosa proponi tu, Marco, per cambiare la situazione?

G. La nostra proposta di legge raccoglie, nel suo piano fondamentale, la sfida di un cambiamento culturale. Proprio a partire da questa legge intendiamo innescare il cambio di cultura. Adottare deve essere riconosciuto come una cosa naturale: un padre e una madre che si vede genitori di un figlio non loro sono già idonei. Nasce la famiglia adottiva, ma è una famiglia che ancora non sa cosa voglia dire adottare un bambino straniero. E per questo va accompagnata e non va selezionata – se tu noti, oggi tutte le energie sono concentrate sul prima, il dopo è totalmente isolato. Questa riforma di legge vuole togliere tutta l’attenzione concentrata sul prima, creando un accompagnamento congiunto tra servizi ed enti autorizzati. L’idoneità non è una sentenza del tribunale, è un fatto del cuore.

C. Concordo con il fatto che serve un attento accompagnamento dopo: è quello che noi continuiamo a dire.  Non concordo invece sul fatto che la famiglia sia idonea soltanto perché si sente genitrice di un bambino non nato da sé. Non è sufficiente. Serve un accompagnamento alla riflessione. Credo che si possa rivedere il fatto che il Tribunale per i Minorenni debba o meno aggiungere qualcosa: può essere che siano maturi i tempi perché i servizi sociali si facciano carico dell’accompagnamento. Sicuramente però occorre che vi sia spazio per una forma di consapevolezza/selezione prima, magari senza intervento dei Tribunali, e di accompagnamento nel dopo. C’è da fare grande attenzione alla situazione dei servizi sociali oggi. Siamo di fronte a un aumento consistente di tagli al sociale, che significano anche diminuzione del personale. Pretendiamo che i servizi sociali siano messi in condizione di lavorare entro termini stabiliti dalla legge.

G. Tu pensi siano carenze di personale? Io penso sia accanimento terapeutico: una coppia che si è rivolta a noi ha sostenuto 20 colloqui, di cui 4 ne ha svolti la bambina, anche da sola.

C. Tu mi parli di 20 colloqui: capisco che si tratti di un caso eccezionale. Mi sembra un numero esagerato. Ci vorrebbe l’introduzione di un numero congruo di colloqui, ma non sta a me stabilirlo, lo farà un professionista.

G. Ripartiamo dal fatto che adottare dovrebbe essere la cosa più naturale del mondo: è la selezione che aiuta, o l’accompagnamento?

C. Credo che un po’ di selezione ci voglia. Adottare un bambino non è come avere un figlio, è qualcosa di più.

G. Stai mettendo il dito nella piaga. Con l’attuale selezione, fra dieci anni, se tutto continua così, dovremo chiudere tutto perché non ci saranno più idoneità né domande di adozione. Questo perché si è diffusa una cultura negativa. Si è parlato troppo male di adozione internazionale.

C. Sei sicuro che se ne sia parlato così male?

G. Un giudice che giudica sull’amore di una coppia non è sintomo di un atteggiamento positivo nei confronti dell’adozione internazionale. Oggi è in atto un’inquisizione nei confronti delle coppie.

C. Vero, oggi l’adozione è diventata una cosa più difficile. Parliamo di 4mila bambini adottati l’anno, la maggior parte dei quali hanno problemi speciali. Bisogna dare a questi bambini la risposta giusta in termini di famiglia. Non riusciremo a trovare una soluzione per tutti: ma almeno voglio essere sicura che la soluzione che ho trovato sia quella giusta. Se ne ho trovata una, voglio assicurarmi che andrà tutto bene.

G. Fai un discorso etico, Paola. A questo proposito, abbiamo aperto la nostra proposta di legge ai single, come associazione cattolica, appunto per fare una scelta etica. In passato abbiamo sempre contestato l’adozione ai single: piuttosto che lasciare un bambino in istituto è meglio che sia adottato da un single. Questo perché in passato c’erano più famiglie disponibili; oggi il quadro  totalmente rovesciato. Abbiamo più bambini adottabili che famiglie.  Alloea, è meglio lasciare questi bambini abbandonati in istituto o lasciarli adottare da un single?

C. Per quei bambini di particolarmente difficile adozione è etico e giusto affidarli un bambino che ha problemi particolari e ancora più etico affidarla a un single. ma io dò un bambino a una persona che gli dà metà attenzioni. io sono sicura che questa metà gli basterà? sono adozioni portate avanti da una persona sola, sposati o meno, che potrebbero cambiare il loro status nel corso del tempo, o che potrebbero conigrarsi con persone dello stesso testo’ perché dovrei rischiare di mettere nei guai un bambino?

G. ma gli dò una possibilità. credo che la risposta di un bambino sia questa: dateci ancora una possibilità. rispetto alla quantità enorme di minori abbandonati io credo che siamo chiamati a trovare una risposta. tu conosci la presidente del tm di roma che sta vincolando i decreti di idoneità a un’età di bambini molto bassa. mi chiedo se si è posta questo problema etico. di cancro sappiamo che si muore ancora, però sappiamo che il 50% riesce a superare le cure. per paura che l’adozione non riesca

C. non è la stessa cosa. ci domandavamo che probabilità abbiamo di riuscita delle adozioni, abb bisogno diuna ricerca sul benessere dei bambini adottati per sapere come stanno. se abbiamo informazioni possiamo prendere decisioni conseguenti, altrimenti decidiamo al buio. le adozioni di bambini con problemi di salute sono nella maggior parte dei casi riuscite. altre situaz che sono più pregiudizievoli.

G. veniamo alla conclusione. 6 domande, 6 risposte (sì/no):

dalla selezione all’accompagnamento: no alla selezione, sì all’eliminaz dei tm

termine perentorio: sì

riduzione drastica ea: sì

ad intern nella politica estera: “ni”

adozione ai single per gli special needs: no, per ora.

kafala: ci sarebbe tanto da discutere. sì

adozione del nascituro: no. dalla parte delle mamme. dibttito: esperienza statunitense: gorsse pressioni, contratti pre-natali, che forzano la mamma a quella decisione.

G. è l’unica forma di prevenzione all’aborto.

C. non è corretto.