È una radiografia al polso a determinare il destino dei giovani migranti

radiografiaIl destino dei migranti non accompagnati che approdano sulle coste italiane passa per una radiografia al polso sinistro. Si tratta di una tecnica basata sul presupposto che sia possibile definire l’età di una persona dal grado di calcificazione delle sue ossa. Viene utilizzata, al pari di altre procedure come l’analisi dello sviluppo puberale e dell’apparato dentario, per stabilire se i giovani immigrati privi di documenti abbiano più o meno di 18 anni. Il che è fondamentale per il loro futuro. Se risultano minorenni vengono avviati a un progetto di integrazione sociale, potranno studiare l’italiano ed essere avviati all’apprendimento di un mestiere. Se viceversa si rivelano maggiorenni, ciò che li aspetta è il trasferimento in un Centro di identificazione ed espulsione e quindi il rimpatrio forzato.

Questo prevede la legge italiana, che però non tiene conto di 2 fattori determinanti. Il primo: nel nostro Paese non esiste un criterio unico e ogni struttura di accoglienza usa il suo metodo. Il secondo: è scientificamente accertato che la radiografia del polso offre risultati estremamente incerti, perché lo sviluppo delle ossa è condizionato da molti fattori, dall’alimentazione a eventuali malattie. Basti pensare che anche 2 fratelli possono avere uno sviluppo scheletrico differente per capire quanto approssimativo possa essere il responso di tale metodo in relazione a ragazzi provenienti da etnie e zone del mondo diverse.

Di conseguenza, sono frequenti i casi di giovani dichiarati maggiorenni in base alla radiografia del polso e successivamente individuati come minorenni perché nel frattempo dal loro Paese di origine arrivano i documenti o il giudice di pace da loro ragione dopo aver ascoltato le argomentazioni scientifiche e giuridiche. Questo perché, constatato il largo margine di errore tipico di tali procedure, il diritto afferma che, nel dubbio, debba essere presa la decisione più favorevole al ragazzo.

Tuttavia, le amministrazioni godono di una larga autonomia di decisione che ha consentito di sfruttare queste forme di paradossale “accertamento discrezionale” per intervenire in modo tale da riuscire a svuotare le strutture pubbliche dalla presenza di minori non accompagnati. Esemplare quanto accaduto un anno fa con un gruppo numeroso di giovani bengalesi. Nonostante fossero stati definiti minorenni dai sanitari dell’ospedale Umberto I, il Comune di Roma decise che gli esami andavano ripetuti. L’ospedale militare del Celio effettuò nuovamente le radiografie dalle quali i ragazzi risultarono tutti sistematicamente maggiorenni.

“Una possibile soluzione – afferma Salvatore Fachile, avvocato dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione – è un approccio multidisciplinare. L’età va stabilita mettendo assieme più strumenti di indagine. Si tratta della procedura prevista dal ‘protocollo di Ascone’, sviluppato dal Ministero della Salute e avallato dal Consiglio superiore della sanità, ma non ancora adottato dal Ministero dell’Interno”. Il procollo di Ascone, dal nome del medico e dirigente ministeriale considerato il padre del documento, pur non negando la rilevanza della radiografia al polso, considerato il suo margine di errore stimato in 2 anni, la inserisce nell’ambito di una valutazione più ampia che prevede l’esame fisico del ragazzo e della sua maturazione sessuale, l’individuazione di eventuali disturbi dello sviluppo e lo stato della dentizione.

 

Fonte: Tiscali