Fame di Mamma. La fuga di Khadj e della figlia Gift: dal Senegal all’Italia per ritrovare la speranza

Il percorso di Khadj che ha lasciato il Senegal per sfuggire ad una vita di violenze e umiliazioni per sé e soprattutto per sua figlia e che ha trovato accoglienza e protezione in una comunità mamma-bambino, grazie al progetto di Adozione a Distanza, “Fame di Mamma”

Uno dei viaggi più emozionanti l’abbiamo iniziato quando Khadj e Gift hanno varcato la porta d’ingresso di una delle strutture mamma-bambino.
Per raggiungerla, avevano percorso poco più di 50 km, ma il loro legame e la loro storia arrivava da molto lontano.

La storia di Khadj

Khadj è originaria del Senegal dove ha trascorso la sua infanzia ed ha vissuto fino al raggiungimento della maggior età. Ha perso la mamma quando aveva 13 anni e questo l’ha fatta crescere molto in fretta. Il suo papà aveva bisogno di un aiuto pratico in casa per crescere i fratelli minori perciò Khadj ha dovuto rimboccarsi le maniche e ha imparato non solo a tenere in ordine la casa e i suoi fratellini, ma è diventata anche abile a mercanteggiare con i pescatori del suo paese e a vendere al mercato.
Khadj ci ha raccontato della sua terra ambrata e della generosità del suo mare, molto pescoso.
Intorno ai 18 anni una connazionale le ha parlato dell’Italia e delle opportunità che poteva offrire a lei e alla sua famiglia e lei, che è sempre stata coraggiosa e desiderosa di un futuro migliore, ha deciso di partire. Saluta la sua famiglia, saluta la sua terra e nonostante la sua giovane età ha iniziato il viaggio, che poi le ha stravolto la vita.
Il viaggio non è stato semplice e, anche se tutta la sua famiglia l’aveva incoraggiata e sostenuta nella decisione, ci sono state molte notti in cui si è chiesta se aveva scelto davvero la cosa giusta. Giorni lunghi e interminabili, accompagnata da sconosciuti che nutrivano lo stesso desiderio di rivincita ma allo stesso tempo con la paura di conoscere un paese nuovo, colori nuovi, sapori nuovi.
L’arrivo in Italia non è stato dei migliori, ha dovuto imparare velocemente una lingua nuova per farsi capire, ha dovuto condividere casa con molte persone per risparmiare qualcosa da mandare alla sua famiglia. La capacità di adattamento non le è mancata, e la voglia di imparare l’ha portata a frequentare anche un corso per lavorare nelle mense.

Un regalo per la vita. L’arrivo di Gift

Pian piano le cose sembravano andare meglio e, anche se le mancava la sua terra e il suo mare, ha imparato ad apprezzare anche la produttività e le possibilità che offre la pianura padana. E proprio a Milano ha conosciuto anche l’uomo che ha scelto come papà della sua Gift. Le cose sembravano andare bene per Khadj: aveva trovato un lavoro, un connazionale che l’amava e che desiderava sposarla e mettere su famiglia con lei. E così hanno comprato casa, sono andati in Senegal per ottenere la benedizione dei genitori e di Allah e al ritorno in Italia la cicogna si era già messa in viaggio per fare alla neo coppia il regalo più grande.
Khadj è stata felicissima di diventare madre e da quel giorno, fin dal suo primo battito, Gift è stata il suo regalo della vita.
Dopo qualche mese però il papà di Gift ha mostrato a Khadj un lato di sé nuovo. Ha stretto amicizie sbagliate, ha iniziato a fumare e spacciare hashish.
Nasce Gift e nonostante lo smarrimento che Khadj stava vivendo, vive sua figlia come il regalo della vita, ed è per questo che ha scelto Gift come nome.
L’uomo le ha abbandonate in Italia. È tornato in Senegal, dove ha poi sposato una seconda moglie che ha portato in Italia, imponendo a Khadj e Gift una umiliante convivenza.
Khadj non solo era umiliata ma anche maltrattata fisicamente dall’uomo. Tutta la tranquillità che aveva costruito, tutta la pace che viveva nella sua casa, si è trasformato in un incubo per Khadj. I primi mesi di vita di Gift sono stati pieni di tensione, di battiti di cuore dalla paura della sua mamma, di pianti, ma nonostante tutti Khadj le ha sempre dedicato grandi sorrisi.

Il rapimento di Gift

L’uomo per ottenere da Khadj la cessione totale della loro casa, è arrivato  a “rapire” Gift è portarla in Senegal ricattando la mamma. Khadj non ha mai esitato, ne ha mai ceduto ai ricatti dell’uomo. A rischio della sua vita si è recata in Senegal, ha scoperto dove era sua figlia e per riaverla è stata anche defenestrata dalla famiglia del marito.
Nonostante il danno fisico riportato (Khadj è claudicante per le fratture riportate) è riuscita a riportare Gift in Italia e a chiedere aiuto ai servizi sociali.
L’aiuto non è tardato ad arrivare e Gift e Khadj sono state accolte immediatamente in una delle nostre comunità mamma bambino in protezione.  I primi giorni sono impegnativi per Khadj. La sua paura a fidarsi era tanta. Teneva stretta la sua bambina. Sempre nella fascia sulla sua schiena, nonostante i suoi dolori fisici. Faticava ad accettare l’aiuto proposto dagli educatori. Piano piano, grazie anche al supporto delle altre mamme accolte, ha capito che poteva abbattere un po del “muro” costruito attorno a loro e che, almeno in struttura, poteva togliere l’armatura e farsi accogliere, farsi aiutare, ma soprattutto beneficiare di un luogo di cura e di protezione per se e per sua figlia.

Una protezione per la piccola Gift

Dopo diversi mesi di lavoro con Khadj, incentrati sul senso della cura, sul fortificarla, sul proteggerla e sul sostenerla, l’equipe educativa ha insegnato alla madre il “senso di protezione” nei confronti di Gift. Un senso di protezione che però non le impedisca di sognare, di conoscere cose nuove, di desiderare di diventare chiunque lei vorrà. Proprio come quello che lei stava imparando per se stessa con le educatrici.
Una volta più serena, le educatrici l’hanno aiutata a cercare un nuovo lavoro, compatibile con le sue esigenze fisiche e con le esigenze di Gift. L’ottenimento del lavoro per Khadj è stato fondamentale per concludere il lavoro su se stessa e per continuare il suo progetto. Pensare a se e a suo figlia, ma anche aiutare a far crescere le loro radici in Senegal.
Abbiamo salutato Khadj e Gift. Sono tornate a vivere nella loro casa loro due da sole.
Il legame fra loro che era già forte fin dalla gravidanza, è stata la forza più grande per Khadj. Il suo regalo più grande per la vita.
Oggi, sono in grado di parlare dei loro desideri, dei loro sogni e di organizzare le loro giornate svolgendo tutte le attività tipiche di una famiglia, senza più sentirsi bloccate dalla paura o dalle esperienze negative che hanno avuto. 

Accogliere senza giudicare

Il lavoro educativo non è solo un lavoro di competenza e professionalità ma è, soprattutto, un lavoro fatto di relazione e grande umanità. Le nostre equipe sostengono le famiglie fragili fornendo strumenti per gestire meglio le loro difficoltà, ma soprattutto dimostrando loro un desiderio di conoscerle e accoglierle senza giudizi o pregiudizi.
Dal primo momento che stringiamo loro la mano per presentarci sino al momento in cui le salutiamo per augurare loro Buona Vita, vogliamo che si sentano visti, accolti e ascoltati in profondità. Siamo pronti ad ascoltare e ci sforziamo di essere lenti nel parlare in modo da scegliere le parole che giuste per aiutare loro a rileggere la loro storia che è sempre diversa dalla nostra.
Anche noi operatori, quando inizia un nuovo Viaggio di conoscenza con ospiti nuovi e con questa pratica educativa quotidiana, impariamo, conosciamo nuovi modi di fare e vedere le cose, assaggiamo cibi e bevande diverse dalle nostre e visitiamo terre lontane anche se fisicamente siamo rimasti nello stesso posto.

Un’Adozione a Distanza in Italia

Sostieni anche tu le attività che Ai.Bi. porta avanti in Italia, a sostegno delle strutture che ospitano: i minori in comunità familiari, i bambini con le loro madri nelle comunità mamma- bambino e negli alloggi per l’autonomia e gli adolescenti in necessità. Puoi farlo con un contributo di 10 euro al mese, aderendo al progetto di Adozione a Distanza “Fame di Mamma”. Scopri come fare QUI.
E ricorda: le Adozioni a Distanza di Ai.Bi. godono delle seguenti agevolazioni fiscali