famiglia, a Treviso 7 donne su 10 decidono di abortire se il figlio potrebbe essere disabile o down

Famiglia. Sette coppie su dieci rifiutano la gravidanza di un figlio disabile o down: il triste primato di Treviso

Il dato è stato fornito dal direttore della Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale trevigiano, Enrico Busato. Li vediamo catturati dalla paura – spiega il primario, parlando dei genitori – temono di rimanere soli, considerano subito il figlio che portano in grembo un ‘peso’ più grande delle loro forze“. Ma in realtà avrebbero tutte le condizioni per poter essere supportati in caso di ogni necessità futura

Questa scelta di morte è ormai totale in famiglia in Islanda, col suo 100% di bimbi down abortiti, sventolato nel Paese scandinavo negli ultimi mesi come un primato dell’eccellenza scientifica e della precisione dei nuovi test sul Dna fetale. Il presidente nazionale del Movimento per la Vita, Gian Luigi Gigli: “Soprattutto le giovani coppie, fragili come sono sul piano valoriale, vivono nel terrore della malformazione”

famiglia, a Treviso 7 donne su 10 decidono di abortire se il figlio potrebbe essere disabile o downUn dato oggettivamente agghiacciante nei suoi effetti nefasti sulla bellezza della vita e della famiglia arriva da Treviso e a snocciolarlo è il primario del reparto di Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale cittadino, Enrico Busato. “Su dieci donne, sette interrompono la gravidanza quando vengono a sapere che il loro figlio potrà avere qualche imperfezione. Numerosi genitori, quindi, decidono per l’aborto“. Una opzione che comprende ogni possibile forma di disabilità, anche solo eventuale, prima tra tutte la sindrome di Down. Dei genitori che scoprono questa notizia, il primario dice che “li vediamo catturati dalla paura, temono di rimanere soli, considerano subito il figlio che portano in grembo un ‘peso’ più grande delle loro forze“.

L’elemento fortemente inedito di questi numeri è che a Treviso, rispetto al resto del Paese in cui il calo della natalità si fa sentire in modo inequivocabile, i parti sono stati 2.182 nel 2017, un terzo di tutta la provincia, con un calo di appena 19 unità rispetto al 2016.
Come sottolinea anche Avvenire, queste notizie fanno pensare al dato islandese, Paese in cui ormai il 100% dei bimbi down viene abortito per scelta della famiglia. Non solo, ma questo triste ‘primato’ viene sventolato anche come un’eccellenza scientifica data dalla precisione dei nuovi test sul Dna fetale.

Anche l’Unità operativa dell’ospedale di Treviso è centro di riferimento interprovinciale per la diagnosi prenatale, con un centinaio di malformazioni e patologie genetiche certificate ogni anno, più altre cento circa di minore gravità. Come spiega ad Avvenire il Direttore Generale dell’Ulss 2 di Treviso, Francesco Benazzi, se vengono al mondo meno disabili rispetto al passato “è perchè le diagnosi sono precoci e di conseguenza la gravidanza s’interrompe prima“.

Ma l’avanzamento delle tecniche diagnostiche, unito all’obbligo che è imposto ai medici di informare la famiglia, potrebbe non sortire per forza questo effetto mortale, anche se alla fine l’aborto viene scelto “nonostante tutte, proprio tutte le mamme, indipendentemente da quello che sarà poi il loro orientamento – chiarisce il direttore – vengano prese in carico e supportate secondo le necessità di ciascuna“.

L’azienda sanitaria mette a disposizione delle famiglie qualificati servizi di supporto psicologico, medico, scientifico, culturale, finanche religioso, perché la decisione, quando si palesa così drammatica, venga ponderata con la massima attenzione. “L’azienda di Benazzi e Busato è stata fra le prime in Italia a convenzionarsi con il Movimento per la vita – sottolinea ad Avvenire il presidente nazionale Gian Luigi Gigli –. Si appoggia anche ad un consultorio familiare della diocesi, particolarmente qualificato. Il fatto è che soprattutto le giovani coppie, fragili come sono sul piano valoriale, vivono nel terrore della malformazione. E non la accettano, anche se si manifesta in misura minima“.

Il dito andrebbe puntato fortemente su una grave mancanza di cultura, sulla superficialità delle coppie nel cercare innanzitutto una consulenza che esuli dal puro dato scientifico legato alla gravidanza. “Trionfa invece – continua Gigli – la mentalità eugenetica che ormai s’è instillata anche nel nostro Paese: quella per cui se il ‘giocattolo’ non è perfetto allora non vale la pena, metterlo al mondo“. La logica del giocattolo che soppianta quella del figlio in una famiglia. Continueranno a nascere bambini down? “Qui ne vediamo sempre meno, per la verità – ammette Benazi –. Eppure hanno una vita piena di dignità“.

Fonte: Avvenire