La povertà che libera e la povertà che uccide

Il 13 novembre è la Giornata mondiale dei Poveri: “Una sana provocazione per aiutarci a riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà del momento presente”. A partire dalla povertà dell’abbandono

A cosa può servire una giornata mondiale dei poveri? Domanda legittima in un contesto che, ogni giorno, può annoverare anche più di una “giornata mondiale”, nazionale o internazionale su praticamente qualsiasi argomento. L’inflazione delle ricorrenze, però, non deve annacquare il significato di una “giornata” che serve davvero. Molto più di altre. Il perché lo ha ben descritto Papa Francesco nel messaggio scritto nel giugno di quest’anno proprio in vista della celebrazione del 13 novembre: “La Giornata Mondiale dei Poveri torna anche quest’anno come sana provocazione per aiutarci a riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà del momento presente”.

La povertà feconda che libera e rende sereni

Povertà che, dopo gli anni difficili della pandemia, e gli “squarci di sereno” che incominciavano a vedersi, ha dovuto fare i conti con la sciagura di una nuova guerra. “Quanti poveri genera l’insensatezza della guerra!” – ammonisce il Santo Padre. Dovunque si volga lo sguardo, si constata come la violenza colpisca le persone indifese e più deboli… soprattutto bambini e bambine”.
Davanti a questo scenario, ecco allora che la Giornata dei Poveri arriva come un invito a “Tenere lo sguardo fisso su Gesù”.
Perché è quello lo sguardo che può aiutare tutti, credenti e non, a riflettere su come siano tante e diverse le povertà del mondo. E come non tutte siano “negative”. Non è “povertà” quella scelta da San Francesco, e tanti altri santi con lui, per dedicare la vita agli altri? Non è “povertà” quella “di spirito” che rende beati chi la possiede e apre a loro “il regno dei cieli”, secondo le parole del Vangelo?
Sono, queste, quelle che il Papa chiama le povertà “feconde”: povertà che liberano e rendono sereni, ponendosi davanti a noi come “Una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorre e puntare all’essenziale”.

La povertà che umilia e uccide

Di contro, purtroppo ben più facili da ricordare, ci sono tutte le povertà che umiliano e che uccidono: “La miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse – scrive Papa Francesco. La povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intacca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta”.
E sta proprio tra queste povertà quella più dura di tutte, anche se troppo spesso dimenticata o genericamente buttata nella somma di tutte le altre: la povertà dell’abbandono di un bambino o una bambina. Pensiamoci davvero, almeno in occasione di questa giornata: chi è più povero di un bambino abbandonato? Chi ha meno di una bambina che non sarà mai chiamata con il nome di figlia?
È proprio davanti a queste povertà che si fa chiaro e forte come non mail il richiamo del Papa alla condivisione e la solidarietà, non come gesti di facciata o come “obbligo” per mettere a tacere il richiamo della coscienza, ma come gesto concreto che “permette di avvicinarsi a un povero come a un fratello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto”.
Perché per aiutare chi ha meno non serve “dare” chissà cosa; non serve privarsi di risorse o averi propri; serve allungare una mano o aprire le proprie braccia all’accoglienza.
Che sia, allora, una buona Giornata mondiale dei Poveri per tutti!