I Corridoi umanitari la risposta alle tragedie del mediterraneo ma da soli non bastano

Un canale sicuro di accesso in Italia e di integrazione controllata e assistita sul territorio ma, tuttavia, un modello non replicabile su larga scala. Servono soluzioni alternative come “l’accoglienza del cuore” della campagna #AfricainFamiglia: sostenere una famiglia, un bambino perché possa vivere dignitosamente nel proprio paese.

Definiti la migliore risposta alle tragedie del mediterraneo e al traffico di esseri umani, i corridoi umanitari consentono ai rifugiati di entrare nel nostro Paese in maniera protetta, a bordo di regolari voli di linea, e ne garantiscono l’integrazione grazie ad un sistema di accoglienza diffusa: famiglie tutor e affidatarie, percorsi di accompagnamento con psicologi, mediatori culturali e figure specializzate di supporto.

Dal 2016, anno in cui è stato attivato il primo corridoio umanitario tra  Italia e Libia, ad oggi sono circa 2.000 i rifugiati, provenienti da Etiopia ,Sudan, Somalia, Eritrea e Siria, accolti in Italia attraverso i corridoi gestiti da diverse congregazioni religiose, in partnership con il governo italiano e l’UNHCR, l’agenzia Onu per i rifugiati.

Numeri importanti ma tuttavia contenuti che fanno dei corridoi umanitari un canale sicuro di accesso in Italia e di integrazione controllata e assistita sul territorio ma, tuttavia, un modello non replicabile su larga scala.

Sebbene i corridoi umanitari costituiscano un’ alternativa legale alle morti in mare, un buon esempio di accoglienza e integrazione diffusa e, non da ultimo, la strada per superare l’emergenza dei minori stranieri non accompagnati e far decollare finalmente l’affido in famiglia, questi  da soli non potranno mai costituire la soluzione ultima che richiede uno sforzo più ampio. “Il potenziamento dei corridoi umanitari”  – ribadisce Griffini, presidente di Ai.Bi.  – “e  vie sicure e legali d’ingresso in Europa, soprattutto per i minori stranieri non accompagnati, deve andare di pari passo con un piano Marshall di cooperazione allo sviluppo volto a creare condizioni di vita migliori in loco perché aiutare a casa propria questi bambini, le loro famiglie e le loro comunità è un imperativo categorico che non può essere derubricato come slogan in quanto porta in sé il dovere di ogni cittadino di attivarsi per questa popolazione.”

Pertanto  se occorre, da un lato, attivare ogni forma di pressione possibile per far sì che gli Stati europei promuovano quanto prima un apposito piano Marshall, dall’altro, ciascuno di noi, fin da ora, può ‘accogliere’ nel proprio cuore una famiglia o un bambino africano affinché possano vivere dignitosamente nel proprio paese.

A tal fine, ricorda Griffini, “alcune importanti realtà dell’associazionismo cattolico familiare, esperte di cooperazione internazionale, stanno mettendo a punto una campagna per la creazione di sviluppo sui territori di origine, attraverso il sostegno a distanza: Africa in Famiglia”.

E’ già possibile aderire alla campagna #AfricainFamiglia visitando la pagina dedicata e attivando un’Adozione a Distanza
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Fonte L’Inchiesta  “Viva i corridoi umanitari, l’esempio perfetto di come dovrebbe funzionare l’immigrazione dall’Africa