Il caso Tulinabo. Il Procuratore della Repubblica di Goma: “Impugno come false le dichiarazioni menzognere di Gatti veicolate a difesa di imputati perseguiti penalmente davanti alla Procura”

BAMBINO RDCA smentire il fatto che Raymond Tulinabo sia stato arrestato e torturato nella prigione di Goma, secondo quanto scritto invece dal giornalista Fabrizio Gatti nella sua inchiesta pubblicata a luglio 2016 sul settimanale “L’Espresso”, non è solo il Presidente del Tribunale per i Minorenni della città congolese Charles Wilfrid Sumaili Kanyongolo, la cui posizione è stata presentata nell’articolo pubblicato da Aibinews il 25 ottobre. Analoga, secca e sdegnata smentita arriva infatti dal Procuratore della Repubblica di Goma presso la Corte d’Appello di Goma Daniel Saleh Katamea che, il 30 agosto 2016, ha inviato una lettera al direttore de “L’Espresso” al fine di chiarire e ristabilire la verità dei fatti.

Vediamo oggi quanto il Procuratore scrive a proposito proprio dei presunti arresto e  torture perpetrate a Tulinabo.

Ricordiamo che quest’ultimo è il rappresentante dell’organizzazione congolese Mulirano pour combatre la pauvrete au Congo (Mucopc), a cui era stata affidata la tutela, tra gli altri di 4 minori con sentenze di adozione già emesse a favore di altrettante famiglie italiane seguite, per le procedure adottive, da Amici dei Bambini e contemporaneamente assistiti attraverso una rete di famiglie locali facenti capo a Mucopc.

 

Nella sua lettera del 30 agosto, il Procuratore della Repubblica di Goma ricorda ciò che “L’Espresso” scrisse su quanto sarebbe accaduto a Tulinabo, al momento del presunto arresto. All’uomo sarebbe stato detto:

 

Lei ha deciso di collaborare con ‘I Cinque Pani’ diretti da una cosiddetta religiosa, riconosciuta come trafficante di bambini così come la vostra storia della CAI (Commissione Adozioni internazionali, ndr), altri trafficanti di bambini…”. Dopo un quarto d’ora appare in ufficio il primo sostituto procuratore della Repubblica: Ecco qui uno di questi banditi che rapiscono i bambini a Goma per venderli in Europa” gli dice il presidente Sumaili. “Tulinabo viene caricato su un’auto. Lo portano in una camera di sicurezza. E dopo un giorno lo rinchiudono nel carcere centrale di Munzenze. La mattina dopo, verso le 9 del 3 giugno, il povero Raymond Tulinabo vede un  agente del Tribunale dei minori intrattenersi con  il vice capo dei sorveglianti. Quando l’agente se ne va, è il suo turno. Il comandante lo chiama e comincia il pestaggio. Le torture proseguono con il waterboarding, il trattamento riservato ai prigionieri di Guantanamo: solo qui immergono Tulinabo nella buca con gli escrementi della prigione. Poi gli ustionano i genitali. Lo torturano anche il mercoledì sera e anche il giovedì mattina.

 

Come detto nel citato articolo del 25 ottobre, la vicepresidente (ed ex presidente) della Cai, nella sua audizione in  commissione Giustizia della Camera del 12 ottobre, ha avvalorato quanto scritto da Gatti.

Ma i fatti descritti nell’inchiesta de “L’Espresso” sono stati invece definiti dal Procuratore della Repubblica di Goma come “dichiarazioni false” e nella sua lettera del 30 agosto dice:

 

Il suo atteggiamento instancabile di denigrare la Procura mi ha portato a giudicare che lei è in malafede, o vittima di una mancanza di informazioni, o ignorante del diritto congolese. Se mi venisse richiesto di scegliere tra le tre ipotesi fatte quale sarebbe la più adatta, preferirei consolarmi con l’idea che  sia per ignoranza della legge congolese che  lei ha scritto ingiustamente e negativamente della Procura, anche se il deficit di informazione e la malafede possono validamente essere provate e usate contro di lei. Infatti, in qualità di “giornalista”, doveva essere per lei un dovere primario trattare le informazioni con rigore e competenza, vale a dire, ottenere il massimo di informazioni, analizzarle, e poi entrare nel merito.

 

Demolendo l’articolo di Gatti, il Procuratore della Repubblica di Goma ricorre anche all’ironia, in particolare nel passaggio in cui afferma:

 

Mi sembra che L’Espresso o Raymond Tulinabo – dipende – amano dipingere le immagini con colori vividi, anche quando le regole dell’arte non si prestano a ciò. Forse Raymond Tulinabo racconta questa storia perché si abbia pietà della sua sorte. Purtroppo, i fatti che racconta e presenta fino al parossismo, non si sono mai prodotti come lui li racconta.

 

Senza mezzi termini, per far capire, anche a Gatti, che, con chi infrange le leggi, “anche in Repubblica Democratica del Congo”, non si scherza, il Procuratore della Repubblica afferma:

 

Tuttavia vorrei rassicurare il direttore del giornale L’Espresso che nei confronti del signor Raymond Tulinabo è aperto un procedimento penale ancora in istruttoria presso la Procura di Grande Istanza. Questa azione nasce da una denuncia del Presidente del Tribunale dei Minori di Goma presentata in conformità alle leggi e ai regolamenti della Repubblica Democratica del Congo.

 

Rispetto a questo procedimento, il Magistrato spiega che, con rifermento alla legge congolese, ha “degli obblighi di riservatezza, stante che la procedura dell’inchiesta e dell’istruzione pre-giurisdizionale è segreta”, smentendo quindi quanto affermato da Gatti, secondo cui “le false accuse” sarebbe state “archiviate”.

 

Nel merito il Procuratore precisa che:

 

Tulinabo è stato oggetto di un mandato di arresto provvisorio, in conformità con le leggi della Repubblica. Inoltre (…) è stato rilasciato entro 72 ore dalla sua detenzione, mentre l’accusa ha l’autorità legale per trattenerlo anche oltre tale periodo. Tulinabo non ha soggiornato nella prigione Munzenze come racconta L’Espresso. Non è mai stato né torturato né sottoposto a “pseudo-trattamenti riservati ai prigionieri di Guantanamo”, ai decorsi funesti e specifici che voi attribuite maliziosamente e a torto alla prigione centrale di Goma”.

 

Quindi il Procuratore esprime tutto il suo sdegno per le falsità scritte da Gatti:

 

Il carcere di Goma non è nulla di simile. Se voi aveste verificato direttamente e aveste fatto indagini serie prima di pubblicare il vostro giornale, avreste potuto evitare a tante persone oneste e serie che vi leggono e credono in quello che scrivete, di leggere incongruenze come quelle che avete loro servito. Mi vergogno di ritornare sul dettaglio menzognero che L’Espresso ha il coraggio di raccontare su quello che sarebbe successo a Raymond Tulinabo.

 

L’unica cosa vera in tutto ciò che ha scritto Gatti, a detta del Procuratore, è “solo il fatto che Tulinabo è stato detenuto preventivamente. Il fermo è stato eseguito dal pubblico ministero. Non è mai stato torturato”.

Pertanto il Procuratore della Repubblica conclude che il signor Raymond Tulinabo è stato detenuto legalmente su denuncia regolarmente promossa contro di lui, e ciò sulla base di un atto procedurale da parte del Procuratore della Repubblica. Non è mai stato arbitrariamente arrestato e non è mai stato detenuto nella prigione centrale di Munzenze di Goma.

I fatti raccontati da Gatti “non hanno mai avuto luogo e non sono mai esistiti. Tutto ciò rivela un orientamento pernicioso degli informatori e del giornale. Ciò è segno di un’affabulazione pericolosa e criminale”.

Fatti viceversa avvalorati da Silvia Della Monica in sede istituzionale. Ma le menzogne raccontate da Gatti non si fermano qui e il Procuratore della Repubblica di Goma le ha passate in rassegna una per una.

 

(6/continua…)