Il triste primato di Torino: viene abbandonato un bambino al mese

Sono circa 12 i bambini che, partoriti “in anonimato” presso vari ospedali del capoluogo piemontese, nell’arco di tutto il 2018, hanno visto una nuova vita con l’adozione.

Strumento giuridico, quello del parto in anonimato, che si affianca all’esistenza delle “culle per la vita”; entrambe alternative all’abbandono in strada, in ceste, in cassonetti…

Nati da parto in anonimato, sono almeno 12 i bambini che, nel corso del 2018, hanno visto la luce negli ospedali di Torino. Ecco gli “abbandonati del secondo millennio”, che abbandonati non sono per davvero: piccoli non riconosciuti alla nascita, da madri che non possono o non vogliono tenerli, che vedono una seconda vita nell’adozione.
Il “parto in anonimato” è infatti uno strumento giuridico che tutela fortemente l’anonimato delle madri, non più costrette a partorire da sole e a lasciare il neonato chissà dove:Nello stesso momento in cui nasce un bambino non riconosciuto, il Comune ne assume in automatico la tutela e se ne occupa — spiega Enzo Genco, responsabile del servizio Minori e Famiglie della divisione Servizi sociali, che dal 1991 si occupa di questi bambini — L’ospedale ne fa immediata segnalazione alla procura presso il tribunale per i minorenni di Torino e al nostro ufficio, dopo di che parte una procedura ben precisa che termina con l’affidamento ad una famiglia per la sua adozione, di solito entro il 20esimo giorno di vita».

Ma chi sono queste mamme anonime? “Si tratta di donne maltrattate, abusate, ingannate, con malattie psichiatriche oppure minorenni o emigrate arrivate qui con la speranza di rifarsi una vita e poi sfruttate — racconta, in un’intervista a Corriere della Sera – Torino” Enzo Genco —. Per fortuna i numeri in città non sono altissimi, anche se oscillano a seconda degli anni: nel 2012 sono stati 20 i bambini non riconosciuti, di cui 5 con gravissima disabilità, mentre nel 2015 sono stati 4”.

Procedura vuole che, al momento della nascita, chi ha assistito al parto vada all’anagrafe e denunci la nascita di un bambino nato da “donna che non vuole essere nominata”: l’ufficiale di stato civile sceglie per lui o per lei un nome di fantasia, che non deve in alcun modo essere rivelatore dello stato di abbandono; mentre, per ciò che attiene al cognome, uno provvisorio sarà prontamente sostituito al momento dell’adozione: e così, una nuova vita può cominciare.

Si aggiunge al parto in anonimato, come alternativa a chiunque non fosse ancora consapevole della tutela offerta da questo strumento, l’esistenza delle “culle per la vita”, che corrispondono alle famose “ruote degli esposti” in cui venivano lasciati i neonati  principalmente presso gli istituti religiosi.
In Italia le “culle della vita” sarebbero circa una cinquantina, il cui elenco è consultabile  su www.mpv.org

Anche Amici dei Bambini, il 1 dicembre 2015, ha inaugurato la sua “Culla della Vita”: il suo nome è Chioccia, si trova a Pedriano (Melegnano, Milano) in via dei Pioppi, facilmente raggiungibile dalla rete di autostrade lombarde, e va a potenziare un’offerta ancora a macchia di leopardo in Lombardia. La culla di Ai.Bi è infatti l’unica nel territorio nel sud della città di Milano. Adagiare il bambino nella culla non costituisce un reato, poiché si applica la stessa normativa dell’abbandono in ospedale. Una volta adagiato il bambino sarà infatti immediato il soccorso sanitario da parte del 118 e il contemporaneo avviso dello stesso Tribunale per i minori che provvederà successivamente all’adozione del neonato.

Fonte: CorrieredellaSera.Torino