In Italia si fa prima con l’utero in affitto che con l’adozione. Sociologo: “Poca attenzione ai bambini già nati. È tempo di facilitare le procedure di adozione”

de masiIn Italia si fa prima ad avere un figlio con l’utero in affitto che con l’adozione. Una terribile e triste realtà sempre più evidente agli occhi di tutti, profani e non. Questa volta a scagliarsi contro questo “paradosso italiano” è il sociologo Domenico De Masi che in un’intervista pubblicata il 15 febbraio da La Stampa a firma di Giacomo Galeazzi, dichiara “meno burocrazia e una più ampia coscienza dell’umanità spingerebbero molti a preferire alla maternità surrogata l’assegnazione dei bebè dichiarati adottabili”.  Ma ahimè ci sono coppie che vogliono qualcosa in più del figlio adottivo: il neonato che gli somigli, col “marchio di fabbrica”.

Un’ altra anomalia per De Masi, è che agli aspiranti genitori adottivi vengano richiesti colloqui psicologici e valutazioni di idoneità, mentre nessuna agenzia pretende lo stesso percorso da chi ricorre alla pratica dell’utero in affitto.

Ci sono due modi di essere genitori: quello naturale tramite ovulo e spermatozoo e quello culturale attraverso l’educazione – precisa – La gestazione per altri è più rapida, meno tortuosa, assicura un bimbo senza passato alle spalle”.

Sulla stessa linea Ivana Lazzarini, mamma adottiva e mediatrice famigliare, presiede ItaliaAdozioni, il portale italiano dedicato al mondo delle adozioni.

C’è un tempo doveroso per formare la coppia – aggiunge – Sono bambini con una storia faticosa di abbandono e l’interesse del minore è prioritario. Con l’utero in affitto, invece, si parte da ‘tabula rasa’ e non si devono fare i conti col passato. È importante che ora si apra davvero il dibattito: servono nuove leggi e procedure per rendere più agevoli le adozioni dei bambini che ci sono già.

Inoltre, è necessario ricordare che in Italia l’utero in affitto è pratica illegale per questo le coppie vanno all’estero per la maternità surrogata arrivando anche a casi limiti. Come negli Usa dove ci sono stati persino casi di lavoratrici ad alto reddito che, per non dover interrompere la carriera, hanno dato ad un’altra donna l’ovulo fecondato dal compagno.

Infine a proposito della stepchidl adoption e della possibilità di adozione da parte dei gay, è netto il parere di Anna Oliverio Ferraris, psicoterapeuta ed esperta di educazione.

Bisogna dire al bimbo come è nato – dice-, la conoscenza delle proprie origini è un diritto. Quindi non è vero che basta l’amore in famiglia, tutti vogliono potersi collocare in una genealogia”.

Ho approfondito tante situazioni: se il bambino ha 2 mamme cerca la figura maschile, per il comportamento sessuale e i modelli di comportamento diversi tra uomo e donna. Per questo l‘Italia è a un bivio decisivo”.

Fonte: La Stampa