In missione a Takeo

 

Questa settimana siamo stati in missione nella provincia a Takeo ad incontrare le donne che abbiamo seguito durante tutta la gravidanza nel centro finanziato da Media Friends e situato all’interno dell’ospedale pubblico. L’obiettivo della nuova progettualità è quella di sostenere anche dopo il parto le neo mamme e i loro bambini, tramite delle ceste di beni primari necessari alla cura di un neonato e dei cicli di formazioni sull’igiene, sulla nutrizione e sulle malattie piú comuni. Un’idea che naturalmente si colloca tra le iniziative di prevenzione all’abbandono.

La prima famiglia che abbiamo visitato vive in un villaggio sperduto nella vegetazione, dove, nonostante la relativa vicinanza dal centro di Takeo, l’ignoranza regna sovrana. Al nostro arrivo sul posto, ci accolgono moltissimi bambini, tutti in etá scolare, ma quando chiediamo loro “Haet-ey neak ot now salarien te?” che signifa “Perchè non sei a scuola?”, i bambini sorridono e alzano le spalle. Molte delle persone che incontriamo nella nostra visita sono analfabete.

Alla mancanza di istruzione spesso si aggiunge la credenza nei rimedi tradizionali. La prima mamma della nostra lista ci dice che, dopo essere stata assistita dalla psicologa e dal dottore del nostro centro, nel momento in cui la piccola Chantea stava per nascere, ha preferito non andare in ospedale, ma partorire a casa, aiutata dalla guaritrice tradizionale. Fortunatamente il parto è andato bene e la piccola ha potuto fare il suo ingresso nel mondo…

 

La mamma sembra una donna molto fragile, timida, riservata, che risponde alle nostre domande con un filo di voce appena percettibile. Nonostante il viso segnato da una vita difficile, si vede che é ancora molto giovane. Ci dice, in seguito, di avere 25 anni. Era orfana e ha dovuto imparare presto a cavarsela da sola. A 15 anni vendeva palloni in un negozio alla periferia di Phnom Penh. Ed è stato lì che ha incontrato il compagno con cui vive da 10 anni. Lei si occupa dei bambini, mentre il compagno si dedica alla pesca. Nella stagione secca, lui lavora come bracciante agricolo. Con un filo sempre piú basso di voce, ci dice che quando la pesca non è fruttuosa, l’insoddisfazione spinge il compagno a bere e, a talvolta, quando rientra a casa, è violento con la famiglia. 

Non possiedono nulla. Vivono su una piattaforma costruita con canne di bambú e riparata da un tetto di lamiera, adiacente alla casa della nonna.