La provocazione. “Il termine adozione? Valga solo per i minori”

Lo sostiene il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini

Adozione. Che parola meravigliosa. Una parola che rimanda subito ai concetti di accoglienza, amore, famiglia. Ma anche una parola oggi piuttosto inflazionata. Sulla Treccani, alla voce “adozione”, si legge, quale primo significato: “istituto giuridico che consente di formarsi una filiazione civile, che sorge cioè non già per vincolo di sangue, ma per un rapporto giuridico costituito mediante il consenso di un adottante e di un adottato, con le forme e le condizioni stabilite dalla legge”.

Interessante, tuttavia, anche il terzo, tra i significati contemplati dall’istituto enciclopedico: “nella teologia cristiana, adozione soprannaturale, quella per cui i cristiani, avendo, secondo san Paolo, ricevuto ‘lo spirito d’adozione di figli’ sono anche eredi di Dio, coeredi di Cristo, e sono quindi resi compartecipi della natura divina per grazia”.

Eppure oggi questo termine, “adozione”, viene impiegato in realtà nei modi più disparati. Si parla infatti di adozione di cani, di gatti, di conigli. Addirittura di oggetti. Ma l’adozione, intesa in senso esteso, si lega oggi anche alle realtà più disparate. Si parla di “adottare uno stile di vita sano”, per esempio. “L’atto di fare proprio, di assumere o seguire qualche cosa”, dice ancora la Treccani.

“Ma tutto questo – commenta il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffininon è uno sminuire quel grande gesto di accoglienza che è l’adozione di minori in stato di abbandono? Non è un limitare il potere immenso di quel gesto che pone rimedio a una delle più gravi, se non la più grave in assoluto, ingiustizie della Terra: quella dei bambini che restano senza una famiglia, lasciati soli ad affrontare le intemperie dell’esistenza?”.

“E allora perché, per legge – prosegue Griffini – non si lega il termine di adozione a un concetto giuridico preciso, quello dell’adozione di minori, facendo in modo che sia così utilizzato esclusivamente in tal senso?”.

Una provocazione? Certo. Che punta, però, in un mondo a volte troppo insensibile verso le ingiustizie, a mettere l’accento su quella che, appunto, è la più grande di tutte.