La riforma della Adozione Internazionale. Decimo e ultimo punto: verso un’adozione europea

Il nodo della banca dati comunitaria e dell’armonizzazione delle norme per la protezione dell’infanzia

Secondo il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini, nell’ottica di una riforma dell’Adozione Internazionale, “si dovrà istituire un gruppo di lavoro parlamentare al fine di stabilire linee operative per arrivare all’attivazione dell’adozione europea mediante la quale le coppie di un singolo Paese membro potranno adottare in qualsiasi Paese europeo senza dover ricorrere alle procedure dell’Adozione Internazionale”. Inoltre, a tal fine, “dovrà essere istituita a tale fine una banca dati europea dei minori dichiarati adottabili in tutti i 27 stati membri“. Quello dell’adozione europea è l’ultimo punto del decalogo che Griffini ha stilato per una riforma-rilancio dell’istituto adottivo alla luce dei finanziamenti che, dall’Europa, arriveranno all’Italia con il Recovery Fund.

“In molti – ha spiegato il presidente Griffini – hanno esultato per questo storico traguardo raggiunto dall’Europa comunitaria che, finalmente, ha dato prova di una unità d’intenti anche politica. Tuttavia, se l’integrazione europea deve essere reale, questa deve avvenire all’interno di ogni aspetto. Non ha molto senso che, attualmente, non esistano frontiere tra gli Stati europei ma che, nel contempo e per assurdo, un cittadino italiano non possa adottare un minore spagnolo, bulgaro, cipriota o lettone. Tra i 27 stati membri si dovrebbe poter operare invece come in una normale adozione nazionale. Se l’Europa a 27 è una comunità, i bambini senza famiglia che si trovano all’interno del suo territorio devono poter essere accolti senza burocrazia dalle famiglie di questi 27 Paesi”.

Un nodo, naturalmente, sarebbe quello di una banca dati europea dei minori dichiarati adottabili. “In Italia – aggiunge Griffini – viviamo una situazione quasi grottesca, in tal senso. Perché, sebbene ufficialmente esista una legge, la 149 del 2001, che prevede una banca dati dei minori adottabili, nella realtà questo strumento, per il quale Ai.Bi. si batte da anni non esiste. E comunque i 49 enti che in Italia sono autorizzati a seguire le coppie nelle adozioni internazionali non ne sono a conoscenza. Eppure in Italia ci sono 3mila coppie in lista d’attesa per un’adozione e magari qualcuno di questi bambini potrebbe trovare una famiglia. Se ci fosse la possibilità di accedere alla lista da parte degli enti, l’elenco certamente dimagrirebbe. Se poi per questi bambini fosse possibile essere adottati in Europa, la situazione sarebbe decisamente e nettamente migliore”.

Ma non è solo questo il problema. “Ecco perché – conclude il presidente di Ai.Bi. – serve che il progetto parla con un gruppo di lavoro parlamentare, a livello naturalmente di parlamento UE. L’Europa è nata come mercato comune e solo di recente ha affermato di avere un interesse comune rispetto ai diritti della persona. In particolare solo dal dicembre 2009 con il Trattato di Lisbona fra gli obiettivi dell’Europa è stata inserita anche la promozione dei diritti dell’infanzia e della donna. Il problema è che gli standard di protezione dei minori e tutto il funzionamento del sistema della protezione dell’infanzia, dall’affido famigliare alle strutture di accoglienza alle adozioni sono diverse e non solo tra un Paese e l’altro: in Italia anche le strutture di accoglienza dei minori fuori famiglia rispondono a normative regionali. Per armonizzare tutto questo serve un grande lavoro, ma che è necessario perché, se l’Adozione Internazionale deve essere l’ultima possibilità per un bambino, mentre prima devono essere percorse altre strade, tra cui appunto l’adozione nazionale, se vi fosse un’adozione europea si offrirebbe a molti piccoli cittadini europei un’opportunità ulteriore di trovare la propria famiglia”.