La riforma della Adozione Internazionale. Secondo punto: un sistema di canali paralleli per la formazione tra i servizi del pubblico e del privato sociale

L’attuale meccanismo formativo è lacunoso: coppie spesso idonee per il tribunale, ma impreparate. Per evitarlo serve il coinvolgimento degli enti privati sociali

Per il rilancio dell’Adozione Internazionale serve “la realizzazione di un sistema di canali paralleli tra i servizi degli enti pubblici e quelli degli enti autorizzati, per la gestione dell’attività di formazione delle coppie”. Parola di Marco Griffini, presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, che ha fatto di questa proposta il secondo punto del suo decalogo per rinvigorire un sistema, quello adottivo internazionale, in prepotente crisi. Che cosa significa questo, nello specifico?

Il sistema dell’Adozione Internazionale, oggi, si basa sopratutto su un meccanismo di selezione, più che di accompagnamento, delle coppie disposte ad accogliere un bambino abbandonato o senza famiglia attraverso l’esperienza adottiva. Questo, però, va spesso a discapito della preparazione delle stesse coppie, soprattutto circa le aspettative realistiche che queste dovrebbero avere sulla realtà dei bambini dichiarati adottabili, nell’ottica di un superiore interesse del bambino. Ecco perché è importante che le coppie siano formate adeguatamente prima che diano un mandato a un ente autorizzato.

Riforma dell’Adozione Internazionale. Come si svolge oggi la preparazione delle coppie?

Corsi di preparazione, oggi, ne vengono svolti, a dire il vero. Solo che per essere ritenuti validi ai fini della valutazione per il conseguimento della idoneità , una coppia può frequentarli solamente attraverso i servizi pubblici, i quali non sempre sono tempestivi nell’organizzarli, vuoi per mancanza del numero minimo di coppie necessarie, vuoi per difficoltà organizzative (l’inesistenza di un’equipe per le adozioni per esempio) dei servizi stessi .

In alcune regioni si è cercato di ovviare a questi inconvenienti con la firma di protocolli operativi con gli enti autorizzati, di modo che questi ultimi, attraverso i loro operatori, potessero portare alle coppie aspiranti la propria quotidiana esperienza sulle tematiche reali della Adozione Internazionale .

Ma sono esempi limitati solo ad alcune regioni , e comunque dipendenti dalla buona volontà o meno dei servizi stessi nell’organizzarli, come si è verificato in occasione del lockdown dove si è registrata la inadeguatezza dei servizi pubblici a “virare” sulla formazione online. Ci troviamo di fronte quindi a due problemi: il primo è di garantire a tutte le coppie, in qualsiasi regione risiedano, una qualità di formazione uniforme e omogenea, di modo che la successiva valutazione della idoneità non sia solo formale, come avviene purtroppo tutt’ora in molti casi; il secondo di rispettare i limiti di tempo imposti dalla legge 476/98 , che, come noto, fissa in un massimo di sei mesi il periodo che deve intercorrere fra la domanda di disponibilità, che deve essere antecedente e non successiva alla attività di formazione, presentata al tribunale dei minorenni e la decisone della emissione della sentenza di idoneità (o non idoneità).

Riforma dell’Adozione Internazionale: il tema dei “canali paralleli”

Si ritiene, in tutta convinzione, che tale problematica potrebbe essere risolta efficacemente con il ricorso alla organizzazione, esperienza ed efficenza degli enti autorizzati, i quali (almeno quelli strutturati a livello nazionale) da anni hanno impostato una rilevante e continua attività di formazione, la cui qualità viene anche riconosciuta e richiesta anche dalle autorità estere (il riferimento è, per esempio, alle formazioni specifiche per gli special needs).

La riforma potrebbe quindi prevedere la creazione di un “canale parallelo”, permettendo alla coppia di scegliere quale strada utilizzare per la propria formazione: il servizio pubblico o i servizi formativi di un ente autorizzato, in base a un protocollo condiviso per obiettivi e risultati formativi-

Principio, quello del “doppio canale”, la cui liceità è del resto stata di fatto sancita recentemente anche dalla sentenza n.131/2020 della Corte costituzionale, la quale ha stabilito le solide fondamenta costituzionali del Terzo Settore, fornendo un chiarimento sull’articolo 55 del Codice del Terzo Settore, in materia di co-progettazione e co-programmazione tra enti pubblici ed enti come le cooperative di comunità, e fondando la liceità di quanto previsto dalla norma sui dettami della Carta costituzionale.

Tale realtà di co-programmazione e amministrazione condivisa tra pubblico e privato sociale, in un’ottica realmente sussidiaria, è in realtà spesso disatteso. Anche quando, come nel caso dell’Adozione Internazionale, vi sarebbero i presupposti per un’intercambiabilità non solo utile (non fosse altro che per una questione di maggiore preparazione specifica degli operatori) ma addirittura auspicabile, quantomeno in campo formativo. Si arriverà a una svolta? Sperarlo è lecito.