La riforma della Adozione Internazionale. Terzo punto: stop all’idoneità giudiziaria anche in Italia

Prosegue l’esame del decalogo per una riforma dell’istituto adottivo proposto dal presidente Marco Griffini: “Seguiamo l’esempio di tutti gli altri Paesi europei”

Secondo il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini, tra i dieci punti indispensabili per una riforma e un rilancio della Adozione Internazionale, c’è anche “l’eliminazione del passaggio burocratico dell’idoneità giudiziaria, rilasciata dal Tribunale per i minorenni, a beneficio di una commissione regionale che valuti il percorso di formazione compiuto dalla coppia candidata, in ciò adeguandoci a quanto avviene, oramai da anni, in tutti gli altri paesi europei”.

Perché il presidente Griffini dice questo? In quasi la totalità dei Paesi europei l’idoneità all’adozione di minori stranieri è rilasciata alle coppie richiedenti con provvedimento amministrativo: sono per lo più i servizi socio assistenziali a occuparsi delle necessarie verifiche e a permettere che gli adottanti seguano nell’iter verso l’accoglienza.

In Italia invece, il rilascio di questa idoneità, come pure altre fasi dell’iter adottivo, sono rimasti un adempimento di competenza dei tribunali per i minorenni, come avveniva prima della ratifica della Convenzione dell’Aia del 1993 sulla cooperazione in materia di adozione internazionale. La cosa, in effetti, non è pienamente comprensibile visto che i Tribunali stessi devono incaricare i Servizi competenti in materie psicosociali e poi decidere sulla base delle loro relazioni.

Non va dimenticato anche che, oltre alle verifiche italiane, le coppie idonee danno incarico agli Enti autorizzati (che conoscono la realtà delle adozioni internazionali in maniera molto più diretta rispetto ai Tribunali e agli stessi servizi) e sono da questi accompagnate nonché appena dopo sottoposte alla ulteriore “approvazione” delle autorità dei Paesi di origine dei bambini. Insomma, non c’è alcun reale pericolo di scarsi “controlli”, se questo fosse il timore!

Ma la cosa non stupisce perché ci sono a ben vedere anche altre attività rimaste inspiegabilmente nel potere dei Tribunali per i minorenni anche adesso che, dopo la ratifica della Convenzione dell’Aia, il procedimento adottivo di minori stranieri si svolge sotto il controllo delle Autorità Centrali dei Paesi coinvolti.

Riforma dell’Adozione internazionale e idoneità: ogni Paese è stato libero di decidere

Naturalmente ogni Paese è stato libero di decidere a chi affidare il ruolo di Autorità Centrale e la Commissione per le Adozioni internazionali è l’autorità amministrativa, collegata alla presidenza del Consiglio dei Ministri, competente per l’Italia. Questa Commissione verifica che le procedure si svolgano nel rispetto delle norme di legge e dei principi fissati a livello internazionale dalla Convenzione perciò, prima di autorizzare l’ingresso dei minori adottati in Italia al termine delle procedure, la Commissione Adozioni italiana, ad esempio, verifica e certifica l’avvenuto rispetto delle norme della Convenzione e di quelle italiane.

Ebbene, avviene incredibilmente che al termine dell’iter adottivo, una volta che la coppia adottiva entri finalmente in Italia col proprio figlio con tutte le autorizzazioni e i controlli in regola, debba superare un nuovo scoglio: passare nuovamente dal Tribunale per i minorenni per il riconoscimento della sentenza straniera di adozione perché il Tribunale deve esaminare i documenti già emessi e validati dalle altre autorità. Si tratta cioé di un doppio controllo rispetto a quelli già fatti dalla Commissione e dagli Enti da questa autorizzati!

Riforma dell’Adozione Internazionale e idoneità: il doppio controllo italiano

E sapete qual’è la conseguenza? Che, finché non viene effettuato questo doppio controllo, i bambini entrati in Italia con una regolare e definitiva sentenza straniera di adozione vengono temporaneamente considerati dall’Italia come se fossero in affidamento familiare, senza cittadinanza e dunque in una condizione giuridica contraria a quella ritenuta dai Paesi di origine in base alla Convenzione internazionale che l’Italia ha ratificato.

Ma perché nel nostro Paese permettiamo che la burocrazia renda difficili questi percorsi a scapito dei diritti umani coinvolti? Logiche di potere o scarsa fiducia nel lavoro delle autorità amministrative o di altre autorità in procedimenti che, in base ai nuovi equilibri e alle nuove logiche di collaborazione internazionale, sono ormai sotto la competenza dei Paesi di origine dei bambini adottabili?

Nessuno ha la risposta, ma è certo che in questo contraddittorio schema appare evidente la necessità di agevolare, anziché ostacolare, la formazione della famiglia partendo dal rendere l’idoneità alla adozione internazionale quello che è già nella sostanza: una disponibilità da manifestare dinanzi ad autorità amministrative come nella quasi totalità dei Paesi europei (fanno eccezione solo l’Italia e il Belgio), e dunque non più una valutazione di competenza dei tribunali per i minorenni.

Con questo primo passo le coppie potrebbero risparmiare almeno tre mesi di tempo prezioso per proseguire il loro cammino di accoglienza.