Fecondazione. Quella artificiale porta 8 coppie su 10 a una cocente delusione

La via crucis della fecondazione medicalmente assistita: solo 2 coppie su 10 avranno un figlio in braccio

Il ‘dono’ degli ovociti di una 29enne avvocato a una clinica per la fecondazione assistita raccontata sul quotidiano La Repubblicaper amore delle altre donne”, l’ha senz’altro resa popolare. Ma la donna, attivista della Rete Lenford vicina agli ambienti Lgbt ha preso indicazioni dall’Associazione ‘Coscioni’ su come muoversi, proponendo tra le altre cose anche un “rimborso spese” alle donatrici come “sostegno economico 

Un’opzione sibillina pro-utero in affitto che tuttavia, in Italia, è stata ampiamente riconosciuta come illegale e illegittima dai più altri organi giudiziari del Paese. Anche perché i numeri nudi e crudi su questa pratica di bombardamenti ormonali e di gestazione artificiale parla di una percentuale di “bambini in braccio” che non supera il 22 per cento

Fecondazione. Quella artificiale porta 8 coppie su 10 a una cocente delusioneUn altro tentativo di ‘picconare’ le solide basi giurisprudenziali che hanno sconfessato in più occasioni l’utero in affitto è giunto, nei giorni scorsi, attraverso la testimonianza-esperienza personale, portata agli onori delle cronache da lei su Facebook e subito ripresa da Repubblica, di una 29enne avvocato che ha dichiarato di aver donato 14 ovociti a una clinica per la fecondazione assistita “per amore delle altre donne. Un gesto, come raccontato al quotidiano, compiuto dopo aver condiviso il dolore di un’amica che non riusciva ad avere figli e la cui unica possibilità era la fecondazione eterologa con gli ovuli di una donatrice.

Una storia che parla altresì di pesanti bombardamenti ormonali subiti prima di poter donare i suoi gameti, ma anche della sua volontà – nel prossimo futuro – di affrontare una maternità surrogata. Già, perché il gesto altruistico (anche se per nulla riservato, in quanto pubblicato su Facebook), sembrerebbe arrivare da un’attivista della nota Rete Lenford, attiva nell’ambito dei diritti Lgbt, e su indicazione dell’Associazione ‘Coscioni’. Una sorta di suggerimento all’opinione pubblica a mobilitarsi per ‘sdoganare’ l’utero in affitto con tanto di “rimborso spese” alle donatrici, un “sostegno economico” che “non toglie nulla alla bellezza di questo gesto”, come ribadito dall’avvocatessa e riportato anche da Avvenire in un commento a firma di Antonella Mariani.

L’indicazione implicita, insomma, all’avvio del mercato dei gameti anche nel nostro Paese. Ma – come fa notare chiaramente Mariani nel suo commento, “se non ci sono donatrici, però, non è solo perché non c’è abbastanza generosità o solidarietà femminile nei confronti delle donne che non riescono ad avere figli. Il fatto è che il prelievo di ovociti è un’operazione complessa e fisicamente pesante. E i soldi non possono comprare la salute delle donne, nemmeno (o forse soprattutto) se queste sono povere”.

Ma c’è di più: in base ai numeri statistici sulle attività di procreazione medicalmente assistita, la percentuale di “bambini in braccio” varia tra il 17 e il 22 per cento: di fatto, 8 coppie su 10 dopo essere ricorse alla via crucis della fecondazione artificiale, si trovano a dover affrontare un esito profondamente deludente. Un ‘finale’ tristissimo che viene comunque rimborsato, perché la fecondazione artificiale è oggi nei Livelli essenziali di assistenza del Servizio Sanitario Nazionale. Non così, purtroppo, per un’altra strada, ben più feconda, attraverso la quale diventare genitori: quella dell’adozione. Da qui la conclusione di Mariani: “Un po’ di solidarietà anche per loro?”. Una posizione che Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini leaha sposato da tempo.

 

Fonte: Avvenire