L’affido è per i sognatori, per chi non si arrende… per chi risale controcorrente, come i salmoni

Se vuoi fare affido devi avere un cuore rock. Ti devi trasformare da Clark Kent in Superman… “uno che cambia il destino delle persone e con quello il futuro dell’umanità intera”!

Che cosa vuol dire davvero accogliere? Che cosa si prova nel trasformarsi in un genitore affidatario? Chi meglio ce lo può spiegare se non un papà affidatario, nel caso specifico Daniele Biolatti, che in maniera ironica, leggera e davvero “rock”, sul web magazine Sempre News lancia il suo bellissimo messaggio al di là di ogni sentimentalismo.

Perché l’affido non è per tutti. L’affido è per chi vive il presente, per i testardi, per i sognatori, per chi risale controcorrente. Insomma, se vuoi fare affido devi possedere un cuore rock e anche Daniele racconta nella sua bella lettera, di come si sia dovuto trasformare da Clark Kent in Superman… “uno che cambia il destino delle persone e con quello il futuro dell’umanità intera”!

Di seguito l’articolo pubblicato sul webmagazine Sempre News. La penna, i pensieri e le parole sono di Daniele Biolatti.

C’è bisogno di pazzi. E di supereroi.

Se penso al mio presente e passato di papà affidatario sento un’ambivalenza, un’alternanza forte, incisiva e costante che mi pervade.

Sono stato Clark Kent. Un impiegato anche un po’ sfigato che entra in una cabina telefonica e si trasforma in Superman. Uno che cambia il destino delle persone, e con quello il futuro dell’umanità intera.

Sono stato il più imbecille dei masochisti. Mi sono riempito di martellate sui cabasisi, ricercando intenzionalmente il lutto della separazione, creando legami che avrei reciso io stesso, collezionando qualunquismi del tipo «è crudelissimo», «ma non vi affezionate?», «io non ce la farei»

La sfida dell’affidamento familiare

No, non c’è per me una visione unica, un percepito chiaro e netto da raccontare. C’è un puzzle schizofrenico di vissuti, un caleidoscopio emotivo che fa del cambiamento costante la sua ragion d’essere.

Vorrei convincermi che tutti dovrebbero provare l’esperienza dell’affido. Vorrei fare proselitismo, invitare all’esperienza, dire che “è difficile, ma è tutto bello”. Ma non è così.

La verità è che ritengo l’affido una roba per quelli che oggi sono considerati perlopiù pazzi.

Per chi vive nel presente perché “del doman non v’è certezza”. Per chi non pianifica, per chi assapora ogni singolo boccone perché potrebbe arrivare un terremoto e crollarti il soffitto in testa prima della prossima forchettata.

 L’affido è per i sognatori; per chi crede che la goccia scava la roccia; per chi ritiene che in una sfida o si vince, o si impara.

L’affido è per i testardi, per i muli, per chi non si arrende.

L’affido è per chi risale controcorrente, come i salmoni. Per chi ama il profumo della pioggia sull’asfalto, per gli onnivori delle esperienze, per chi ha il cuore rock.

 Tra pochi giorni conoscerò i futuri genitori di un meraviglioso bimbo che è stato con noi per un anno.

È arrivato che aveva tre mesi. Un maschietto meraviglioso, a cui sono legatissimo («Ah, ma non ti affezioni?», «Ma poi te lo lasciano, giusto?», «E allora perché non fai richiesta di tenerlo?»).

Poi andrà in un’altra famiglia, che ancora non sa

Forse c’è qualcuno, poco distante da qui, che ancora non sa che tra pochi giorni riceverà una notizia che attende da tempo. Qualcosa che gli farà tremare le ginocchia, che gli riempirà gli occhi di lacrime, che gli farà battere il cuore all’impazzata.

Noi li conosceremo di lì a poco tempo. E pian piano entreranno nella nostra casa, nelle nostre relazioni, nella nostra quotidianità.

 Spero che possa nascere un bel rapporto con questi futuri, fortunati genitori. Con questi ladri determinati e spietati, che porteranno via un pezzo del mio cuore. Con queste persone dolci e meravigliose, che mi doneranno una gioia immensa attraverso i loro occhi e le loro emozioni.

Dopo ci sarà un grande vuoto, un silenzio assordante. Non so dire ora se daremo subito la disponibilità ad un nuovo affido, se passerà del tempo, se decideremo di interrompere la nostra esperienza, giunta con questo bimbo al suo “quinto episodio”.

Il vuoto, e poi un nuovo viaggio

Di certo è che, alla fine, dopo il vuoto, mi sentirò di nuovo un po’ Superman.

Guarderò con riconoscenza mia moglie, perché è lei che mi ha coinvolto in questo folle viaggio.

Guarderò con orgoglio le mie figlie naturali, perché apprendono molto meglio di me l’importanza di un mondo aperto.

Infine, guarderò la strada, e quell’incrocio in penombra.

 Perché è proprio lì, in quell’incrocio vicino a casa che, per adesso, c’è ancora una vecchia cabina telefonica in cui cambiarsi d’abito e provare a salvare il mondo.