Le Case di accoglienza “Mosè”: la risposta all’indifferenza

casa mosèUn biglietto con su scritto “Questura” e un numero stampato, spillati sulla maglietta di decine di ragazzi messi in fila sul molo, reduci da un viaggio della disperazione durato mesi o anni. Per lo Stato italiano i giovani migranti, che spesso arrivano da soli sulle nostre coste, sono solo questo: un numero di 4 cifre, da “parcheggiare” da qualche parte, una tendopoli improvvisata, un palazzetto dello sport pieno fino al collasso, un centro di identificazione ed espulsione, in attesa di provare l’età effettiva del ragazzo.

“Loro ci chiamano per nome” è invece la frase con cui uno dei minori stranieri non accompagnati accolti in questi mesi nella Casa Mosè di Amici dei Bambini ha descritto l’accoglienza ricevuta da Ai.Bi. A oggi, dall’inizio del 2014, sono già 10mila i Misna approdati sulle nostre coste. Quella offerta da Ai.Bi. è un’accoglienza agli antipodi di quella dello Stato: per noi i Misna non sono un numero, ma un’identità da rispettarenon un pacco da parcheggiare in un magazzino umano, ma una persona con un passato terribile, di cui prendersi cura, che ha diritto all’affetto, all’educazione, al supporto che ognuno di noi darebbe ai propri figli. Perché loro, lontani migliaia di chilometri dai genitori, non hanno di certo perso per strada il diritto a essere figli, che nessuno, in nessun angolo del mondo, può loro negare.

Per questo Ai.Bi. ha deciso di fondare Casa Mosè, il centro di pronta accoglienza di Messina che nei suoi primi 9 mesi di attività ha dato ospitalità a 92 Misna.

Casa Mosè è il simbolo dell’accoglienza giusta, ma ora non basta più. Come le cronache quotidiane ci insegnano, i Misna non arrivano solo in Sicilia. Approdano, a centinaia, anche in Puglia, Campania, Calabria. Quasi tutti loro non si fermano nelle regioni del Sud, ma puntano verso Nord, verso gli altri Paesi. E rischiano di disperdersi nel territorio italiano, finendo nelle mani di trafficanti senza scrupoli. Per questo Amici dei Bambini ora vuole incrementare la sua rete di accoglienza, moltiplicando le Case Mosè.

L’obiettivo dei prossimi mesi è quello di aprire nuovi centri di pronta accoglienza per i Misna anche in altre città e in altre regioni d’Italia. Per farlo, è necessaria la collaborazione dei Comuni, ma prima ancora la generosità degli italiani. “Aprite le vostre porte” aveva detto Papa Francesco, l’8 luglio 2013, in occasione del suo storico viaggio a Lampedusa:l’invito, quella volta, era riferito al clero, ma può essere rivolto a chiunque abbia un luogo ospitale a disposizione.

Le future Case Mosè hanno bisogno di strutture che possano ospitare almeno 20 persone e del supporto operativo delle famiglie del territorio. Per questo, l’idea di Ai.Bi. è quella di abbinare a ognuna di queste strutture un Centro Servizi alla Famiglia. Un modo, questo, per intensificare la rete di famiglie accoglienti, che possano, ognuna secondo le proprie disponibilità, fornire il loro contributo a un’accoglienza a misura di bambino. Una possibilità, ad esempio, sarebbe quella del cosiddetto “affido leggero”: ospitare a pranzo, aiutare nei compiti scolastici, accompagnare dal medico uno di questi ragazzi.

Questa rete di accoglienza manterrebbe il nome di Casa Mosè. E non potrebbe essere altrimenti, dato che sono stati gli stessi ragazzi, i prima Misna accolti a Messina, a scegliere questo nome. Mosè, infatti, oltre a essere simbolo di colui che viene salvato dalle acque proprio come i Misna,è il punto di incontro delle 3 grandi religioni del Mediterraneo, Cristianesimo, Ebraismo e Islam: una figura che lega tutti, pur nelle differenze tra un credo e l’altro, aiuta a esaltarne le affinità, rispetto alle divergenze.

Per trasformare questa idea in realtà si può partire da piccoli atti di generosità alla portata di tutti. Con un semplice Sostegno a Distanza da 25 euro al mese, si potrebbe garantire un’accoglienza degna a un Misna. Certo, di questi piccoli passi ne servirebbero tanti. Ai.Bi. spende mediamente 45 euro al giorno per offrire a ogni ospite di Casa Mosè una serie di servizi: non solo vitto, alloggio e visite mediche, come previsto dalla normativa Stato-Regioni sull’accoglienza degli immigrati, ma anche medicinali, attività ricreative, cura del corpo e supporto di un educatore. Per ciascun Misna ospitato nella sua attuale struttura, Ai.Bi. investe circa 1350 euro al mese. Sarebbero necessari quindi 54 SaD mensili per ciascun ragazzo. E il numero dei Misna è destinato a salire. Non si chiede un grande impegno, ma un piccolo gesto a tanti di noi, che di certo non possiamo restare a guardare davanti ai numeri impressionanti che le cronache di questo ultimo periodo ci raccontano.

In soli 4 giorni, dal 12 al 15 settembre, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha contato più di 800 tra morti e dispersi nei viaggi della disperazione verso l’Europa. Dall’inizio di giugno sono oltre 2200 i migranti inghiottiti dal Mediterraneo, 2500 da gennaio 2014, secondo i dati riferiti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr).

A fronte di chi non ce la fa, ci sono però migliaia di persone che per fortuna riescono a toccare terra in Europa: 130mila solo nei primi 9 mesi del 2014, quasi tutti (118mila) in Italia. Persone, non numeri, che hanno tutto il diritto a sperare in una vita nuova.

 

Fonti: Il Sole 24 Ore, Yahoo Notizie