Lettere al Direttore: vorremmo adottare ma abbiamo paura

“Siamo una coppia ancora giovane che non riesce ad avere figli. La scelta della fecondazione assistita non ha avuto sinora buon esito, ma abbiamo recentemente scoperto la bella esperienza dell’adozione internazionale: pensiamo che con l’adozione potremmo diventare la famiglia di un bambino che già esiste e che sogna di averne una. Abbiamo però molte perplessità e vorremmo avere qualche consiglio: oltre ai costi dell’adozione, il procedimento molto lungo, i bambini adottati non si possono scegliere e temiamo che si debba essere dei “super” genitori… e poi si sente di molti fallimenti.”

LETTERA FIRMATA

La lettera tocca un tema delicato e complesso. Dopo anni in cui l’Italia è stata in prima linea per il numero di famiglie accoglienti con adozioni all’estero, la domanda racchiude l’essenza dell’attuale “crisi” delle adozioni internazionali: nei Tribunali si è registrata una forte riduzione delle dichiarazioni di disponibilità. (20 per cento in meno rispetto al 2004) e gli enti autorizzati hanno ricevuto un numero inferiore di incarichi.

La lunga durata dell’intera procedura e i pesanti costi sono solo un aspetto del problema: le coppie hanno anche “paura” dei fallimenti, di non essere all’altezza e di essere lasciati soli.

Ecco alcuni consigli utili. Adottate solo se desiderate un figlio, non se lo rivendicate come diritto; accogliendo un bambino abbandonato, egli sarà sempre vostro figlio. Nel mondo sono stimati almeno 163 milioni di minori abbandonati (dati Unicef 2009): l’adozione è uno strumento per dare una famiglia a un bambino che non ne ha più una. Se la coppia parte con questo spirito non penserà mai di “scegliere” il bambino né il paese di origine e avrà buone risorse per non temere fallimenti. Anche se per la legge non è obbligatorio, è fondamentale seguire dei corsi preparatori presso uno degli enti autorizzati. Come per una gravidanza, anche in adozione il bambino “non può essere scelto”: orfani o abbandonati hanno il primario diritto di trovare una famiglia nel loro Paese di origine ed è per questo che i bambini adottabili sono quasi tutti con bisogni speciali (hanno età superiore ai sette anni, necessitano di particolari cure sanitarie, hanno subito traumi o hanno fratelli): sono quelli che nel Paese di origine nessuno vuole. Non si chiede di essere “super” genitori ma semplicemente di essere consapevoli che l’adozione non è un percorso da vivere in solitudine: in tanti, competenti ed esperti, saranno disponibili ad affiancare e aiutare. Così come è importante essere aperti all’aiuto di altre famiglie e delle diverse opportunità durante l’intera crescita dei ragazzi, magari appoggiandosi a una delle tante di genitori adottivi.

(Fonte: Famiglia Cristiana)

Per inviare le vostre richieste è possibile scrivere a direttore@aibi.it