Lo sfogo di Silvia Stilli (AOI): “Basta immagini disperate di bambini per raccogliere fondi”

Griffini (Ai.BI.): “Rilanciamo nostra richiesta: un codice etico per la raccolta fondi a fini solidali. Chiesto al Forum Terzo Settore di aprire gruppo di lavoro”

“Non ne posso più di immagini di bambine e bambini in condizioni disperate per raccogliere fondi. Tutto questo squalifica pesantemente il nostro lavoro. Non sono testimonianze giornalistiche queste. Lo sappiamo bene”. Il commento arriva da Silvia Stilli, portavoce dell’AOI – Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale.

Una voce autorevole all’interno del Terzo settore, dunque. Che si schiera contro una pratica, quella della “pornografia del dolore”, che nonostante le proteste continua a campeggiare sul materiale di comunicazione di diverse realtà multinazionali della solidarietà. Una prassi, questa, a lungo avversata da realtà come, per esempio, Ai.Bi. – Amici dei Bambini, organizzazione facente parte della stessa AOI.

Proprio il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini, aveva la scorsa estate avviato la propria battaglia per un codice etico della raccolta fondi a finalità solidali. Attualmente questa sarebbe normata dall’articolo 7 del Codice del Terzo settore. Questo rimanda però a “linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti la Cabina di regia di cui all’articolo 97 e il Consiglio nazionale del Terzo Settore”, che non sono ancora state promulgate. Esistono infatti diverse norme di autoregolamentazione per le comunicazioni radiotelevisive e delle precedenti linee guida per la richiesta di donazioni per il sostegno a distanza (SAD), ma la materia va riordinata e aggiornata.

“Le nostre richieste – prosegue Griffini – sono note. Bisognerebbe prevedere: il divieto assoluto di acquisire spazi pubblicitari a pagamento per la raccolta fondi; il divieto assoluto di fare ricorso alla ‘pornografia del dolore’ per attività di comunicazione; il divieto di far transitare soldi raccolti in Italia alle ‘case madri’ estere, con l’obbligo di inviarli direttamente nei Paesi di destinazione; l’assenza di un compenso al presidente e ai membri del Consiglio direttivo; l’impossibilità per chi fa raccolta fondi a fini di solidarietà di retribuire i propri dirigenti e dipendenti con stipendi equivalenti a quelli del settore profit, con l’obbligo di pubblicare sui propri siti i vari livelli retributivi, come già fa Ai.Bi

“Abbiamo inoltre chiesto al Forum del Terzo Settore di aprire al più presto un gruppo di lavoro per il codice etico”, ha concluso Griffini.