Marocco. 30 settembre: la fuga collettiva verso Ceuta 

Dai tentativi clandestini all’organizzazione online: un nuovo capitolo nella migrazione nordafricana

Il fallimento del tentativo di migrazione collettiva verso Ceuta partito da Fnideq il 15 settembre, non ha fermato la determinazione di chi sogna di raggiungere la città spagnola situata in Nord Africa.

Che cosa succederà il 30 settembre?

Subito dopo l’insuccesso, sui social network è stata annunciata una nuova data, fissata per il 30 settembre, per ripetere l’impresa. Questa mobilitazione, inizialmente clandestina e ora ampiamente pubblicizzata, segna un cambiamento significativo nelle pratiche migratorie della regione, sollevando domande sulle motivazioni profonde e sui meccanismi organizzativi che la sostengono.
La nuova call to action ha attirato l’attenzione non solo per l’audacia del piano, ma anche per la diversità dei partecipanti: minori marocchini, algerini, tunisini e persino provenienti da altri paesi del Nord Africa. Questa composizione eterogenea evidenzia la dimensione transnazionale del fenomeno. Gli attivisti hanno utilizzato i social network non solo per diffondere il messaggio, ma anche per coordinare l’azione, segnando un’evoluzione nella modalità di gestione delle migrazioni che va oltre la semplice improvvisazione.

Una nuova strategia delle reti migratorie

Gli esperti di migrazione hanno osservato che questi tentativi ripetuti di attraversamento del confine in date predefinite rappresentano una nuova strategia delle reti migratorie. Il primo episodio di agosto, caratterizzato da un attraversamento a nuoto in condizioni di scarsa visibilità, ha segnato l’inizio di questo approccio più visibile e organizzato. Tradizionalmente, i flussi migratori clandestini si svolgevano nell’ombra, ma questa nuova forma di azione collettiva, aperta e ben orchestrata, testimonia un cambiamento radicale.

Il ruolo dei social network

Dietro questi movimenti vi sono organizzatori ben strutturati, spesso nascosti dietro le quinte. I social network, già noti per essere strumenti di disseminazione di informazioni, giocano ora un ruolo chiave nel coordinare azioni concrete su larga scala. I migranti sembrano ispirarsi alle tattiche degli “harragas” dell’Africa subsahariana, noti per i loro tentativi di attraversare le frontiere in gruppo, sfruttando il potere del numero per aumentare le probabilità di successo.
Le autorità di Ceuta, per voce dei loro rappresentanti, hanno messo in guardia contro l’interpretazione di questi eventi come movimenti spontanei, richiedendo indagini per identificare gli istigatori degli appelli online. Parallelamente, accuse contro i servizi segreti algerini, avanzate da alcune figure politiche, complicano ulteriormente il quadro, aumentando le tensioni diplomatiche nella regione.
Altri osservatori, tra cui difensori dei diritti umani, offrono una lettura diversa, focalizzandosi sulla mancanza di politiche economiche e sociali adeguate per i giovani. L’assenza di prospettive crea un terreno fertile per l’emigrazione, con minori sempre più attratti dalla speranza di un futuro migliore oltre il confine.
Nonostante il fallimento del 15 settembre, i tentativi di migrazione verso Ceuta proseguono. Gli esperti prevedono che nei prossimi anni emergeranno nuove tattiche per aggirare le misure di sicurezza delle autorità marocchine e spagnole. Fnideq, in particolare, sta diventando un punto cruciale per questi movimenti.

La necessità di un approccio integrato

La gestione di questo complesso fenomeno migratorio richiederà un approccio integrato che vada oltre la sola sorveglianza delle frontiere. La cooperazione internazionale, inclusi i Paesi non appartenenti all’Unione Europea, sarà essenziale per affrontare le cause profonde di questi movimenti, riducendo così la pressione su Ceuta e su altre città costiere del Nord Africa.

[Fonte: Maroc Diplomatique]

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