Marocco. In un anno 360 neonati abbandonati per strada. Ma, se non attraversano il mare, l’Italia chiude gli occhi

Griffini (Ai.Bi.): “Se fossero stati su un barcone interesserebbero a tutti. Ma invece non importa a nessuno. E, dopo diversi anni, il nostro Paese ancora deve approvare norme dettagliate sulla kafala, che permetterebbe di proteggere quei bambini”

“Secondo gli ultimi dati del Ministero competente, in Marocco in un solo anno sono stati abbandonati per strada 360 neonati. Se questi, che sono solo quelli che hanno avuto la fortuna di essere stati trovati vivi, avessero avuto la possibilità di prendere un barcone, sarebbero diventati un problema di tutti. Tutti si sarebbero interessati di loro: Chiesa, Stato, giornali, TV. Ma invece sono stati abbandonati nelle strade del Marocco e allora non interessano a nessuno”. Lo dichiara il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini, commentando i dati provenienti dal Paese del Maghreb sull’abbandono di minori.

Nel solo 2018 stando agli ultimi dati, 1741 sono stati i bambini abbandonati nel Paese nordafricano nell’arco dei dodici mesi. 360, per l’appunto, i neonati. Una situazione in parte connessa anche con la legislazione molto stringente in materia di aborto.

“Questi bambini non interessano all’UNICEF – prosegue Griffini – in quanto non rientreranno mai nelle statistiche ufficiali dell’emergenza infanzia: qualcuno mi sa dire se UNICEF o qualche altra organizzazione internazionale ha mai stilato un report sui minori abbandonati in strada nei paesi del mondo? O dei minori abbandonati ospiti di orfanotrofi e istituti di assistenza vari? Sembra che si stia diffondendo la cultura nefasta che, se un bambino ha la sfortuna di essere abbandonato dai suoi genitori, non potrà mai più ritornare ad essere un figlio. Assurdo”.

“Eppure – aggiunge il presidente di Ai.Bi. – il Marocco prevede una possibilità di salvezza per questo minori: si chiama kafala e la convezione ONU sui diritti infanzia, di cui abbiamo celebrato il trentesimo anniversario nel novembre scorso, la inserisce frani sistemi di protezione dell’ infanzia. Ma l’Italia, pur avendo ratificato la convezione dell’Aja del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dell’infanzia, già con effetto dall’1 gennaio 2016, per la sua applicazione anche in Italia, non ha ancora approvato norme dettagliate che consentano di riconoscere i provvedimenti di kafala in Italia con le dovute garanzie per i minorenni, anche in funzione della diversa loro condizione nel Paese di origine: alcuni sono solo affidati temporaneamente a famiglie mentre altri sono di fatto abbandonati. Senza queste norme di dettaglio i bambini in regime di kafala in Italia si trovano anche in condizioni di disuguaglianza rispetto ad altri. E sono ormai passati diversi anni…”