L’impresa del Marocco ai mondiali… Vista dal Marocco e dai suoi orfanotrofi

Veronica, cooperante di Ai.Bi. a Rabat racconta l’atmosfera in città e negli orfanotrofi dei “nostri” bambini e ragazzi per le imprese della nazionale del Marocco ai mondiali in Qatar. Sognando di battere anche la Francia e arrivare alla finalissima

Dopo la vittoria sul Portogallo che è valsa la qualificazione alla semifinale del Mondiale, tutti i giornali del mondo hanno giustamente dedicato grande spazio all’impresa del Marocco, capace di portare per la prima volta nella storia una squadra africana tra le migliori 4 del mondo del pallone.
Forse, però, da qui, non si percepisce fino in fondo il significato di un evento che è davvero epocale e che, per quanto si parli comunque di sport, è vissuto come un “sogno”, da un lato, e come una rivincita e un’occasione di riscatto dall’altro.
Un Tweet di pochi giorni fa recitava: “I marocchini fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare: tipo giocare la semifinale del mondiale di calcio”. Una battuta (ben riuscita) che nasconde quel senso di rivalsa che si diceva e che può far intuire, con un sorriso, il peso emotivo e sociale che una “semplice” partita di calcio può avere.
Per capire un po’ meglio l’atmosfera, allora, nel giorno in cui è in programma la semifinale mondiale contro la Francia, abbiamo chiesto alla cooperante di Ai.Bi. a Rabat di descrivere come si vive il momento nella città e nei centri dei bambini che l’Associazione aiuta e sostiene con l’Adozione a Distanza e i progetti di Cooperazione Internazionale.

Come si vive il “sogno” mondiale in Marocco

“Il calcio – racconta Veronica, la cooperante di Ai.Bi. in Marocco – qui é uno sport molto amato e seguito dalla gente di tutte le età. L’atmosfera che si crea quando gioca il Marocco è incredibile: a ogni partita la città improvvisamente si blocca. In molte scuole le lezioni vengono interrotte, gli eventi temporaneamente sospesi, le strade si svuotano, non circolano taxi, i negozi chiudono. Al contrario, i caffè pullulano di gente e gli unici rumori che si sentono sono la voce del telecronista che segue ogni azione e le urla dei tifosi.
Anche i bambini e i ragazzi negli orfanotrofi nostri partner non sono da meno: gli educatori allestiscono la grande sala dove tutti si riuniscono per guardare le partite facendo il tifo e incitando con urla e cori la squadra. Le esclamazioni che si sentono in questi giorni sono tante, ma le più frequento sono: “Sir, sir!” (Vai, vai!); “Jibou Alwlad!” (Dai, fate goal!) o ancora “Hadi lbidaya, mazal mazal!” (È solo l’inizio!).
Se dopo le prime vittorie il popolo marocchino si diceva già soddisfatto, contro le aspettative di molti, dopo le vittorie con la Spagna e con il Portogallo del tanto temuto Cristiano Ronaldo, la gioia ha letteralmente invaso le strade. A ogni vittoria, bambini, ragazzi, famiglie e anziani vestiti di verde e rosso sventolano la bandiera nazionale e animano per ore e ore la città con canti e balli, orgogliosi del proprio Paese.

Parola d’ordine, Dirou Niya: credeteci!

Tra i tantissimi hashtag usati per celebrare il cammino del Marocco ai mondiali, il più utilizzato è #dirouniya, che ripete le parole “Dirou Niya”, traducibili con “Credeteci”, pronunciate dall’allenatore della nazionale Regragui in uno dei suoi primi discorsi. È davvero la parola che contraddistingue il sentimento prevalente qui in Marocco: crederci! Perché oltre alla performance sportiva, la cosa fondamentale è proprio quella di avere fiducia in quello che si fa e credere di poterci riuscire! A partire dalla prossima sfida alla Francai campione del mondo nel 2018”.