Maternità surrogata. Ucraina. Alla ricerca disperata di un figlio: “A Kiev con me altre 20 coppie italiane. Ma quanta paura!”

ucrainaUn figlio a tutti i costi. Fosse anche violando ogni legge…sia quella morale che quella dei giudici italiani e della Corte europea dei diritti umani (Cedu) di Strasburgo. Fosse anche andare in un Paese estero, l’Ucraina per esempio, e scegliere da un vero e proprio catalogo a suon di migliaia e migliaia di euro (dai 20 ai 70 mila euro), la ragazza che sarà la “madre surrogata/in prestito” del nascituro.

E se in certi momenti la disperazione di una coppia può portare a prendere in considerazione questa “soluzione”, il viverla, momento dopo momento, rende impossibile e inaccettabile andare fino in fondo. E’ quello che è successo a Marco e Lucia (nomi di fantasia ndr) che ci raccontano  il ‘loro viaggio  agli inferi’.

Quello che abbiamo visto in quella clinica in Ucraina – raccontano Marco e Lucia– va al di là di ogni fantasia e film dell’orrore”.

Marco e Lucia sono due quarantenni: seconde nozze lui e già padre di due figli; primo matrimonio lei. Non possono avere un bambino “loro” e decidono, consigliati da alcuni amici, di andare in una clinica in Ucraina specializzata in maternità surrogata. Fanno così i primi incontri con medici e personale sanitario del centro a Kiev, vengono “eruditi” su tutto l’iter, procedure e costi.

Ti danno la possibilità di scegliere da un vero e proprio catalogo – racconta Marco – la ragazza che porterà avanti la gravidanza. Puoi decidere di spendere dai 20 ai 70 mila euro a seconda dei requisiti che deve avere la ‘madre’, del suo livello sociale, di istruzione e di salute. ‘Quella da 70 mila’ è considerata il ‘top’ in termini di garanzie”.

I soldi servono per coprire i costi di mantenimento della ragazza nella clinica dove ‘trascorrerà’ tutta la sua gravidanza, mentre alla ‘mamma’ italiana viene fornita una finta pancia per simulare, nei viaggi di ritorno in Italia, una gravidanza nei fatti inesistente.

Rimani allibito da tanta ‘organizzazione’ – confida Marco – è un sistema perfettamente oleato in nome di dio denaro. Con i soldi puoi tutto: fingere e comprare”.

Marco e Lucia non sono i soli in questa clinica, come loro “incasellati” in questo sistema di ‘compravendita’ ci sono altre decine di coppie italiane. “Tutti come in un grande supermercato – confida –: in una dimensione surreale e di segretezza mista a imbarazzo, sfogliavamo le schede delle ragazze. Un vero e proprio mercato: come quello delle schiave”.

Giorno dopo giorno cominciano, così, ad affiorare i primi dubbi e perplessità nel cuore di Marco e Lucia “era tutto sfacciatamente innaturale – continua Lucia – non ci sentivamo con la coscienza a posto, non riuscivamo a sostenere lo sguardo della ragazza che avevamo scelto e tanto meno delle altre coppie presenti”.

“Chi siamo noi per mettere mano al portafogli  – si chiedono – e comprare come se fosse un maglione, un bambino decidendo tutto di lui, caratteristiche fisiche e non? Quale morale gli avremmo trasmesso?”.

Quello che fa traboccare il vaso è il giorno in cui Marco e Lucia vanno negli uffici dell’Ambasciata ucraina per fare la richiesta per il visto di entrata del neonato. “Là vedo una folla di altrettante coppie – confida Marco – che come noi cercavano di ottenere il visto. Ecco lì abbiamo capito che era tutto sbagliato. Se fossimo andati avanti in quella follia avremmo dovuto trascorrere un’esistenza nella menzogna e nella vergogna. Che genitori saremmo stati?

Marco e Lucia mollano, dunque, tutto e tornano in Italia. Qua decidono di rivolgersi all’adozione internazionale. “Un pensiero che in realtà avevamo già avuto prima – confidano –  ma scoraggiati da quello che si sente dire in giro, tempi lunghi, burocrazia e scandali, avevamo scelto ‘la via breve’: la maternità surrogata. Ma la nostra morale non ce lo ha permesso”.

Siamo stati obnubilati dall’ossessione di avere a tutti i costi un figlio a nostra immagine e somiglianza – conclude Marco- un figlio che avesse il mio dna. Abbiamo avuto paura: una sana paura che ci ha fatto tornare in noi stessi e soprattutto fatto capire che al mondo ci sono già tanti bambini che non aspettano altro che una mamma e un papà come noi”.