La scatola della memoria: il viaggio delle origini di Roberta (2)

Seconda e ultima parte del racconto di Roberta, originaria del Brasile e adottata all’età di due anni da una famiglia italiana. Il suo viaggio per trovare le proprie origini la porterà a inaspettate scoperte ed emozionanti incontri

Nella prima parte di questa storia (QUI), abbiamo raccontato di Roberta, originaria del Brasile e adottata nel 1990 da una famiglia veneta quando aveva due anni.
La sua adozione è stata un successo: oggi è laureata e a sua volta mamma.
Ma, intorno ai vent’anni è sorto in lei ha sentito il bisogno di conoscere le proprie origini. Da qui ha avuto inizio un viaggio per ricostruire, pian piano, il puzzle della sua vita.

La sorella

“Nel tempo sono entrata in contatto con uno dei miei fratelli – racconta Roberta – : fu lui a riferirmi che anche un’altra figlia, dopo di me, era stata data in adozione in Italia”.
A questo punto nella mente di Roberta si accende una lampadina.
“Nella nostra zona c’era un prete che aiutava le famiglie adottive e organizzava gruppi in parrocchia: la domenica si pranzava assieme e si stava assieme, genitori e bambini adottati – ricorda – . In quei gruppi c’era anche mia la sorella e all’inizio nessuno delle due nemmeno lo immaginava. Da bambine ci siamo viste ai pranzi della domenica, abbiamo giocato assieme, ignare di tutto, tanto che poi, diventate grandi ci siamo perse di vista”.

Ritrovamenti familiari

La sorella Jacqueline era stata adottata a 6 anni e mezzo, qualche tempo dopo Roberta. “Ho ritrovato con gioia mia sorella, adottata anche lei da una famiglia veneta non lontano da noi, quindi è stato facile rivederci di persona e raccontarci tutto, proprio perché lei ha più ricordi di me”.

La scatola della memoria

Al di là dei fascicoli e dei racconti dei genitori, Jacqueline ha così aperto la scatola della memoria che ha riacceso i ricordi di Roberta.
“Tutti noi 8 fratelli dormivamo per terra e spesso rimanevano da soli per molte ore durante la giornata – dice Roberta -: non sempre la sera c’era da mangiare per tutti”.
Molti sono stati i momenti ritrovati e per entrambe, con modalità diverse e personali, è riaffiorato il dolore dell’abbandono accompagnato alla consapevolezza, soprattutto da parte di Jacqueline perché adottata grandicella, di quale fosse la reale situazione della famiglia biologica.

Chiudere cerchi di vite sospese

Il contatto con il Brasile e con chi resta della famiglia di origine ora avviene saltuariamente, in video, ed è così che tutti quanti, a modo loro sono riusciti a chiudere cerchi di vite sospese, da una parte e dall’altra del mondo. Una modalità che oggi, trent’anni dopo quelle adozioni, si ritrova in casi di ragazzini adottati già grandi con legami impossibili da recidere.
Le sorelle sono oggi due donne felici e consapevoli, sostenute dalle rispettive famiglie in questa ricerca di identità che per loro è stata desiderata e accompagnata.

Rinascere con l’adozione

“Non tutti i figli hanno interesse a conoscere le loro origini ed è giusto così – precisa Roberta, molto attenta alla narrazione delle adozioni – : ho fatto pace con molte cose e sto bene. Ho capito che la mia nascita è avvenuta prima dell’adozione ma il passato è molto importante. Con l’adozione semmai sono ri-nata ma questo non cancella il mio precedente passato, la mia storia.”
La narrazione che i media riservano agli adottati è qualcosa su cui lavorare, secondo Roberta : “Si parla a volte dei ragazzi e delle ragazze adottate come fossero dei panda, una specie a sé – conclude ridendo – quando in realtà sono esattamente come i figli biologici. A un certo punto siamo tutti figli della vita” .
Leggi la prima parte, QUI

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

Chi sta considerando un’adozione internazionale o semplicemente desidera avere maggiori informazioni a su questi temi, può contattare l’ufficio adozioni di Ai.Bi. scrivendo un’e-mail a adozioni@aibi.it Dona per il Fondo Accoglienza Bambini Abbandonati