adozione internazionale, CAI con la vicepresidente in missione in Vietnam e Cambogia

“Mi sono trovato bene da sempre”. E accompagna i genitori ad adottare un secondo bambino

La storia di Paolo e del fratellino Francesco raccontata a Famiglia Cristiana. “La sua presenza è stata fondamentale”

adozione internazionale, CAI con la vicepresidente in missione in Vietnam e CambogiaHa 13 anni Paolo. Nonostante il nome in Italia ci è arrivato quando aveva già un anno. In adozione internazionale. Ad accoglierlo nella propria famiglia i genitori Marco e Monica, che oggi hanno rispettivamente 48 e 47 anni. La sua storia parte dalla lontana Cambogia e ha voluto raccontarla a Famiglia Cristiana.

Ha una passione per Baden Powell, fondatore del movimento scoutistico. “Il suo motto è dare sempre il meglio e far vedere quanto vali”, spiega. E Paolo, evidentemente, lo ha preso alla lettera: è stato infatti già premiato dai Lions per il tema che ha scritto su suggerimento della professoressa di Italiano delle medie. “La sicurezza è liberta”, il titolo.

“Mi sono trovato bene da sempre”, ha detto della famiglia adottiva, che comprende anche un fratellino, Francesco, di 10 anni, anche lui adottato, dalla lontana Cina. Paolo aveva sei anni e stava iniziando la prima elementare quando, con mamma e papà, è andato in Cina a prendere Francesco. “La sua presenza è stata fondamentale – ricorda papà Marco – All’inizio Francesco era diffidente e triste, poi piano piano nelle settimane successive si è lasciato andare grazie alla vicinanza con lui”.

Nel gruppo scout che frequenta Paolo ha “legato particolarmente con Collin, amico di colore, adottato dal Congo. Ma mi sono sempre trovato bene anche a basket e a scuola: quest’anno ho stretto amicizia con Edoardo. Per me è stato sempre tutto normale”.

Eppure non per tutti i bambini che vivono la sua condizione è così. E lui ne è consapevole. “Ho in mente due fratellini etiopi, qui a Paderno – racconta – che per la festa del papà volevano andare a comprare in un negozio un regalo e la negoziante gli ha risposto che era chiuso. Tornati a casa l’hanno riferito alla nonna che immediatamente è andata a chiedere spiegazioni: non ce n’erano. Davanti a questi episodi mi chiedo perché farlo, che senso ha e che soddisfazione si provi a discriminare qualcuno solo per il colore della pelle”.