Morta a cinque mesi in mare. Senza nome e avvolta in una tutina rosa…

Immagini che con la loro cruda efficacia ricordano il dramma della povertà e delle guerre. Che il virus non ha cancellato

Il volto dell’ultima vittima dei naufragi della disperazione, questa volta, è stato coperto. Nell’ultima foto della bimba di cinque mesi trovata morta sulla spiaggia di Sourman, in Libia, portata lì dal mare dopo il naufragio di alcuni giorni fa a poche miglia da Zawija, in cui avevano perso la vita 12 persone, si vede, infatti, solo il vestitino che aveva addosso. Sono rimaste scoperte solo le manine di questa piccola che, in mare, nella sua traversata della speranza, ha visto finire ogni suo sogno, ogni suo possibile traguardo di vita. Resterà così, senza nome, questa bambina che è purtroppo solo l’ultima di una lunga serie di tragedie del mare. Tragedie che non sembrano arrestarsi.

Morta a cinque mesi in mare. Il ricordo di Aylan e Valeria

Al Hadaf News, un magazine in lingua araba, ha pubblicato, così, la foto del corpicino, ancora avvolto, per l’appunto in una tutina con disegnato un coniglietto, condividendo il comunicato della Mezzaluna Rossa, la Croce Rossa dei Paesi arabi, che ha ricorda come in quel naufragio, avvenuto a poche miglia dalla costa libica, su 32 persone se ne siano salvate solamente 20, mentre altre 11, tra cui un altro bambino, risultano ancora disperse. E, con ogni probabilità, morte. Questa immagine, allora, in tutta la sua tristezza, riporta alla mente quelle del piccolo Aylan, il cui corpicino senza vita fu rinvenuto sulla sabbia di Bodrum. O, ancora, quella della piccola Valeria, annegata mentre era abbracciata al papà Oscar, nel tentativo di attraversare il Rio Grande, al confine tra Messico e Stati Uniti.

Morta a cinque mesi in mare. Il Coronavirus non cancella la disperazione

“Questo corpicino senza vita – scrive L’Osservatore Romanoci ricorda che la pandemia non ha fermato guerre, né annullato povertà e fame” e “anzi, ne ha peggiorato le conseguenze”. Il Coronavirus, argomento sostanzialmente unico per la grande stampa dall’inizio di questo sfortunato 2020, ha infatti un ulteriore demerito, quello di aver oscurato le tragedie di milioni di esseri umani, di famiglie, di bambini. Tragedie che le misure contenitive per fermare il diffondersi, a livello globale, del contagio, hanno aggravato. Perché il peso di queste situazioni, alla fine, viene pagato soprattutto dagli ultimi, dai più poveri.

Poveri che, come la piccola annegata al largo delle coste libiche, restano senza nome e senza volto per i più. Ma che esistono. E immagini come quella arrivata dalla Libia ce lo ricordano, con tutta la loro cruda efficacia. Per loro, per questi bambini, bisogna aver la forza di pregare. Perché il domani sia migliore. Perché, nell’accoglienza, possano trovare, al contrario di questo corpicino avvolto in una tuta rosa, un futuro colorato. Di speranza.