Nepal: Grazie Selvaggia, volontaria presso Society for Solidarity of Children (SSC)

La mia esperienza di volontaria presso Society for Solidarity of Children (SSC) sta purtroppo ormai volgendo al termine. Quando ho deciso di partire per il Nepal, ero consapevole del fatto che le ferie estive che il mio lavoro d’insegnante in Italia mi concede non sarebbero bastate per addentrarmi a fondo in una cultura così ricca e tanto distante dalla nostra, ma ho ritenuto che valesse comunque la pena mettermi a disposizione per provare ad offrire un contributo pur minimo ad una comunità bisognosa di tutto come quella di Jadibuti. Non potevo invece immaginare quanto fruttuosi ed intensi sarebbero stati per me questi due mesi, sotto il profilo formativo-professionale così come dal punto di vista umano, in termini di possibilità di scambi autentici ed anche di consolidamento delle mie motivazioni. Ho avuto anzitutto la possibilità di conoscere ed apprezzare nei suoi diversi aspetti il progetto su base comunitaria attualmente implementato in questa misera periferia di Kathmandu da SSC ed anche di affiancare le operatrici sociali dell’organizzazione in alcune visite di monitoraggio effettuate presso i beneficiari diretti. Confesso di essere rimasta piuttosto scossa, in occasione della mia prima visita sul campo, all’interno della comunità, nel vedere coi miei occhi e nel toccare con mano le condizioni disperate in cui versano, giunte qui da ogni parte del Paese con la speranza di una vita migliore e dimenticate dal proprio governo, tantissime persone, tra cui molti, troppi bambini. D’improvviso ho realizzato come l’esperienza diretta delle cose sia davvero l’unica via possibile per sentire profondamente ed iniziare a comprendere. Nelle settimane successive mi sono occupata d’intervistare una giovane donna di Jadibuti e tre di Bhaktapur che hanno di recente aperto una propria piccola attività di ristorazione con il supporto offerto da Amici dei Bambini e dalla SSC attraverso lo schema di microgrant recentemente lanciato. Nel raccontarne le rispettive storie, ho cercato, per quanto era nelle mie capacità, di restituire il senso di profonda dignità che quegli incontri mi avevano trasmesso. Per quanto in questi mesi il lavoro di noi volontarie si sia svolto prevalentemente in ufficio, l’abbraccio spontaneo dei bimbi del Centro Paanj al nostro arrivo la mattina, i loro incredibili sorrisi, così facili da conquistare, le loro voci allegre risalenti dal cortile pieno di giochi hanno accompagnato ogni nostra giornata impedendoci di dimenticarci la ragione prima dell’esistenza di quest’organizzazione e della nostra stessa presenza a fianco di questa gente. Se da una parte non posso che gioire per questi bambini, nati nella sfortuna, ma a cui SSC ha garantito la possibilità di ricevere un’educazione e le cure più appropriate, dall’altra, aggirandosi per questo come per tantissimi altri quartieri della città, si rischia di rimanere sopraffatti da una sensazione d’impotenza nel realizzare quanti ancora siano i minori abbandonati, sfruttati o che vivono in ogni caso in condizioni di particolare vulnerabilità, bisognosi di un sostegno, di qualcuno che dedichi loro un pensiero. In queste settimane mi è stata data inoltre la possibilità d’insegnare l’Inglese presso una scuola pubblica di Patan, la «Aadarsha Saral Secondary School», di cui Shyam, nostro project coordinator, è un ex-alunno. Quest’esperienza di contatto diretto con il sistema educativo nepalese e con i suoi utenti si è rivelata per me particolarmente preziosa, permettendomi di conoscere le condizioni d’insegnamento nonché di vita di buona parte della popolazione giovanile del Paese e offrendomi soprattutto l’occasione di fare un pieno di entusiasmo attingendo ogni volta energie nuove da studenti magari non vestiti all’ultimo grido, spesso addirittura costretti dalle ristrettezze economiche a lavorare a servizio presso nuove famiglie, ma così belli nella loro sensibilità, così vivi e ricchi di interessi. In conclusione, l’estate che ho trascorso qui a Khatmandu è stata sì piovosa, ma sempre illuminata dagli incontri con persone speciali come i componenti dello staff di SSC e di Ai.Bi., i miei alunni di Patan ed i bambini del Centro Paanj, gli altri volontari e con la semplicità del popolo nepalese, sempre pronto, malgrado le tante difficoltà quotidiane, a regalare un sorriso. La lezione, in assoluto, più importante.