Nepal. Il terremoto finisce per chi muore. Ma è una tortura che continua per chi sopravvive.

Nepal-aiuti-Mentre continuano le scosse, di magnitudo tra i 4 e i 5 gradi della scala Richter, si va aggiornando il “bilancio” dei morti e dei feriti in Nepal sconvolto dai due terremoti del 25 aprile e del 12 maggio, attestandosi (secondo le ultime cifre diffuse dal Ministero dell’Interno) a 8567 morti e a oltre 22 mila feriti. La zona più colpita è quella di Sindhupalchowk (3.423 vittime), seguita da Kathmandu (1.214) e Nuwakot (1.045).

Ma “passato” il momento dell’emergenza, scatta l’ora della ricostruzione e non è solo il paesaggio trasformato a darci l’immagine di quel terremoto, con i suoi monumenti distrutti, i templi e i simboli. Non è neanche l’Everest abbassato di due centimetri e mezzo o Kathmandu di un metro. La mutazione del paesaggio è dentro le sue viscere, nelle frane che sono rimaste negli occhi delle persone che sono rimaste miracolosamente vive e che ora si aggrappano a quelle macerie, lontani  ricordi di quella che prima era la loro casa.

Il terremoto finisce per chi muore. Ma è una tortura che continua per chi sopravvive. Ed è proprio per loro che rimangono in prima linea gli operatori e cooperanti di Ai.Bi. (Amici dei Bambini), loro che quando devono salvare gli altri danno tutto se stessi, “lavoriamo 24 ore su 24 – ci confidano –  fino allo sfinimento”.

Ora è, però, anche il momento di intervenire con raziocinio coinvolgendo soprattutto i locali che “vanno aiutati – continuano i nostri cooperanti in Nepal – ma spetta a loro mantenere il comando. Questo è vero sempre, in un’ottica di emergenza (a breve termine) e quando si fa sviluppo (a lungo termine). E’ l’unico modo per garantire una sostenibilità nel tempo agli interventi che si effettuano. E’ la chiave del successo. Ovviamente è più faticoso perché bisogna mettersi in ascolto, e ciò richiede tempo e pazienza“.

Dopo una tragedia come un terremoto di questa entità, esistono due fasi: la prima di risposta immediata e soccorso (‘response and relief’) e una successiva, quando si cerca di rientrare lentamente alla normalità, di riabilitazione e ricostruzione.

Momenti da cui Ai.Bi. non si tira indietro. “Vogliamo che l’aiuto – continuano – sia veramente tale. E siamo pronti a rimanere al fianco del Nepal ancora a lungo”.

Ad esempio, per la questione abitazione, nella fase di emergenza serve un tetto temporaneo (come una tenda), ma nel lungo termine una vera abitazione andrà ricostruita. Entrambe le fasi sono delicate e andrebbero affrontate, anche l’emergenza, in un’ottica di sviluppo a lungo termine.

“Se diamo ai terremotati tende super accessoriate – precisano i nostri operatori –, il rischio è che diventi quella l’abitazione stabile. Quando poi si passa alla ricostruzione della casa, bisognerà farlo cercando di migliorare la qualità, anche dal punto di vista antisismico, valorizzando al massimo elementi presenti sul territorio ed evitando di importare tecnologie troppo costose e quindi difficilmente sostenibili”.

La ricostruzione sarà lenta. È necessario avere un rifugio che sia sì temporaneo, ma in grado di riparare dignitosamente le persone per diversi mesi.

“In alcuni posti gli aiuti arriveranno più lentamente – concludono le cooperanti Ai.Bi. in Nepal -, perché difficile accedervi, ma noi ci siamo messi a disposizione a tappare i buchi. E non ci tiriamo mai indietro soprattutto se a chiederci aiuto sono le mamme e i bambini”.

Per questo Amici dei Bambini rinnova il suo appello a favore della gente del Nepal con la campagna di Sostegno a Distanza “Sosteniamo le famiglie del Nepal”: un intervento di sostenibilità la cui efficacia è stata ampiamente dimostrata nel corso di altre emergenze del passato. Del tutto assimilabile a un normale Sostegno a Distanza comunitario da 25 euro al mese, il progetto punta a supportare l’accoglienza interfamiliare e i centri di accoglienza allestiti nei villaggi. La prima – iniziativa già partita nei primi giorni successivi al terremoto – consiste nell’aiuto economico offerto a quelle famiglie nepalesi, la cui casa non è stata distrutta dal sisma, disponibili a ospitare bambini, mamme o altre famiglie rimaste senza un tetto sulla testa. I secondi saranno invece dei punti di accoglienza pensati coloro che non vogliono allontanarsi dai propri villaggi e dalle proprie case, anche se queste ultime non sono più agibili. In attesa che inizi la ricostruzione, si provvederà ad assicurare assistenza, generi di prima necessità (cibo, acqua, coperte, medicinali) e animazione ludico-ricreativa per i bambini.