Nepal. Kathmandu: “Le mamme sono più spaventate dei bambini e non sanno più cosa dire loro.” Cosa può fare oggi una famiglia italiana?

donna nepalese2“Immaginate di sopravvivere ad una scossa di 7.8 gradi e di dormire per 5/6 giorni sotto una cerata, senza acqua, cibo, elettricità e spesso senza toilette. Riuscite ogni tanto a tornare in casa di corsa a prendere poche cose che vi potrebbero essere utili, come i soldi nascosti in un cassetto o qualche maglione e giacca a vento per la sera, per poi correre a cercare figli e parenti”. A parlare è Silvia Cappelli, cooperante Ai.Bi. in Nepal che i giorni immediatamente precedenti la seconda scossa di terremoto che ha sconvolto il Paese dopo il primo sciame sismico del 25 aprile. Silvia ripercorre con la mente quei difficili giorni del primo terremoto, le ansie, le paure, le angosce e la debole voglia di reagire fino a quel terribile 12 maggio quando la terra ha ripreso a tremare.

“Poi piano piano la voglia di reagire vi fa tornare al lavoro – racconta Silvia -, vi fa creare una normalità seppur precaria. Iniziate a programmare i lavori di ‘ristrutturazione’ della casa e a comprare qualche supporto e poi a metà di una soleggiata giornata, due settimane dopo, di nuovo il terrore. I genitori sono più spaventati dei figli e non sanno più cosa dire loro, le scuole sono chiuse e per un po’ non riapriranno, almeno fino a fine mese. Molte persone dopo il 25 aprile sono partite per i loro villaggi di origine, per trovare anche lì le case distrutte”.

Gli occhi tristi di molti testimoniano la sensazione che non ci sia nulla da fare, che non ci sia scampo. Le notizie di nuove possibili scosse corrono veloci e la gente si trova a passare il tempo all’aria aperta. Il governo ha detto di stare fuori per 78 ore.

“Oggi mi sono incamminata per le strade della città – continua la cooperante di Ai.Bi. – : l’obiettivo era portare l’ultima tenda rimasta ad una famiglia in difficoltà che abita proprio di fronte ad un edificio di sette piani che ieri è crollato, probabilmente portandosi via per sempre due bambini”.

La loro casa è in piedi per miracolo, l’intonaco si è completamente staccato e grosse crepe fra i mattoni si possono chiaramente vedere.

“Ho provato a dir loro di non dormire sotto la casa ma di spostarsi più avanti – ricorda Silvia -, nel terreno del vicino per evitare di essere investiti in caso di crollo, ma è difficile allontanarsi e lasciare alla mercé di possibili ladri tutti i propri  averi, seppur modesti”.

Tutto il quartiere è di nuovo senza elettricità. I bambini che solitamente puoi vedere correre a frotte per le stradine della città, ora sono tenuti sotto controllo, le mamme se li tengono in braccio più possibile, sotto le tende lontano dagli occhi indiscreti. Cercano di proteggere per quanto possono, ma loro stesse sono vittime, già escono notizie di violenze nei confronti di donne e bambini all’interno dei campi.

Di nuovo siamo tagliati fuori dal mondo: l’aeroporto è stato chiuso al traffico aereo per lasciare spaio agli elicotteri che stanno portando in salvo decine e decine di persone nelle zone più colpite, alle pendici del monte  Everest, dove interi villaggi sono stati spazzati via, per la seconda volta.

“Per questo è tanto importante essere qui e aiutare – lancia l’appello Silvia -, anche solo con un centro educativo temporaneo o la distribuzione di generi alimentari, far sentire la propria presenza perché queste persone non si sentano sole e non si lascino andare nella disperazione”.

“Avere un punto di riferimento per avere qualche aiuto, o anche solo per poter scambiare due parole in confidenza  – aggiunge – o denunciare un sopruso è importante. Per questo ci siamo affidati e sempre di più ci muoviamo sostenendo quei legami sociali che già esistono o che si sono creati nel momento del bisogno”.

Una famiglia italiana che sostiene una famiglia nepalese – conclude Silvia –, che a sua volta apre la sua casa (o il suo giardino) ad un’altra famiglia, perché il calore dell’accoglienza scaldi tutti nelle notti all’aperto, ad aspettare la prossima scossa”.

Per questo Amici dei Bambini rinnova il suo appello a favore della gente del Nepal con la campagna di Sostegno a Distanza “Sosteniamo le famiglie del Nepal”: un intervento di sostenibilità la cui efficacia è stata ampiamente dimostrata nel corso di altre emergenze del passato. Del tutto assimilabile a un normale Sostegno a Distanza comunitario da 25 euro al mese, il progetto punta a supportare l’accoglienza interfamiliare e i centri di accoglienza allestiti nei villaggi. La prima – iniziativa già partita nei primi giorni successivi al terremoto – consiste nell’aiuto economico offerto a quelle famiglie nepalesi, la cui casa non è stata distrutta dal sisma, disponibili a ospitare bambini, mamme o altre famiglie rimaste senza un tetto sulla testa. I secondi saranno invece dei punti di accoglienza pensati coloro che non vogliono allontanarsi dai propri villaggi e dalle proprie case, anche se queste ultime non sono più agibili. In attesa che inizi la ricostruzione, si provvederà ad assicurare assistenza, generi di prima necessità (cibo, acqua, coperte, medicinali) e animazione ludico-ricreativa per i bambini.