“Non esistono adozioni impossibili, esistono solo adozioni che richiedono più impegno, più speranza e preghiera”

Senza-titolo-6E’ difficile ‘vedere’ 168 milioni di bambini abbandonati, ma dietro i numeri ci sono storie che da sole parlano. Sono i casi difficili accaduti nell’ultimo anno di lavoro di Ai.Bi. I nomi sono di fantasia, tutto il resto è un distillato di verità. Le racconta a Gabicce, nella XXII settimana di studio e formazione di Ai.Bi., con la voce rotta dalla commozione, Irene Bertuzzi, responsabile Adozioni internazionali. Eccole:

“Erica, in Colombia, è passato un anno ma lei è ancora in istituto. Il giudice ha deciso un anno fa che non era più adottabile. Per il tribunale, poteva essere inserita nella sua famiglia biologica che non l’ha mai cercata né voluta. Una famiglia italiana l’aveva già considerata figlia ed inserita nel proprio nucleo: dopo due mesi è stata riportata in istituto per rifare tutto il procedimento che la porterà ad essere dichiarata adottabile da capo. La sua famiglia aspetta, ma Erica ha perso un altro anno di vita.

Maria,  in Russia: anche lei ancora in istituto. La coppia che l’aveva accolta ha avuto una sentenza negativa. Maria può essere accolta dallo zio ubriacone al quale non interessa nulla di lei. Maria aspetta di essere accolta come figlia: ci sarà ricorso contro la sentenza, ma intanto i mesi passano e lei è ancora in istituto. I suoi genitori hanno fatto cinque viaggi per poterla portare a casa, ma quando…?

Angelica, dieci anni. Il giudice russo ha emesso una sentenza negativa. Il fratello di 15 anni ha promesso che se ne  sarebbe occupato lui una volta diventato maggiorenne e uscito dall’istituto.

Camilla, sette anni, cilena. La sua rabbia contro il mondo le ha impedito di affidarsi alla coppia che l’aveva accolta, costringendola a rinunciare.

Quattro fratellini in Brasile hanno perso l’opportunità di avere una famiglia perché il secondo, di 7 anni e mezzo, ha coinvolto gli altri (un  maschio di 11 anni e due sorelline di nove e sei) in un braccio di ferro che li ha visti opporsi ai possibili genitori adottivi.

David, undici anni, bulgaro, restituito al mittente. Dopo solo un mese dal suo arrivo in Italia, la coppia ha deciso di portarlo in una comunità perché non se la sentiva più di tenerlo: troppo ribelle e maleducato.

Tre fratellini, colombiani (undici, dieci e nove anni), tolti dai servizi del territorio dopo un anno di inserimento familiare perché i genitori adottivi erano abusanti. Il bambino era stato messo in castigo per due ore in un armadio fuori alla finestra con la temperatura a 40 gradi”.

Ma guai a pensare che  i casi difficili siano adozioni fallite. Genitori più fragili e bambini più complessi sono quelli che vanno sostenuti di più: per loro dobbiamo spendere tutti i nostri sforzi, la nostra preparazione, le nostre preghiere.

Qui sta la vera differenza di Ai.Bi. rispetto a chi, fra i giudici dei tribunali, gli enti, i servizi pubblici, è preoccupato più dei fallimenti che dei bisogni dei bambini. Ai.Bi. crede nella cultura dell’incontro, per cui non c’è alcun bambino, alcun ragazzo abbandonato per il quale Ai.Bi. non cercherà una famiglia.