“Non esistono bambini non nati ma abbandonati!”

Morena scrive:

Spero di non offendere nessuno esprimendo la mia opinione in riferimento al tema scottante dell’interruzione di gravidanza. Non sono d’accordo nel chiamare “bambino” quello che ancora agli effetti non è tale. Trovo il termine “aborto” come espressione forte di quello che invece è un’operazione che nega la nascita di un essere non desiderato. L’abbandono è una conseguenza di quanto sopra. Per capire cosa si prova, bisogna viverlo e forse in funzione di questo io mi permetto di esprimere il mio punto di vista, di donna che ha scelto di non continuare una gravidanza per motivi economici, organizzativi e anche morali. Troppo lunga è la mia esperienza e posso solo accennare che io medesima sono una figlia abbandonata e rimasta per i primi anni della mia infanzia in un orfanotrofio o suona più dolce “casa d’accoglienza per bambini abbandonati”?! Ho trovato in seguito una famiglia e sono cresciuta assieme a loro, io come figlia e loro come genitori, ma quanti bambini sono ancora là ad aspettare?Non esistono bambini non nati! Invece esistono bambini abbandonati, che sognano una famiglia e allora che differenza c’è se una donna ci pensa prima di mettere al mondo figli non desiderati? Sono favorevole al controllo delle nascite e mi spiace per l’opinione che può avere la Chiesa, ma prima di parlare bisogna vivere, crescere e creare una famiglia, non parlare, parlare e parlare…ma VIVERE quello di cui si parla. Questo è importante!

 

Lisa TrasforiniGentilissima Morena,

la sua esperienza la porta ad avere una visione personale e sentita rispetto a queste tematiche. Ovviamente su questo delicato tema giocano fattori religiosi, etici, sociali e psicologici che danno adito a riflessioni complesse e forse infinite, in merito agli aspetti psicologici vi sono dati che affermano che l’esperienza di aborto viene vissuta in modo differente da donna a donna, per alcune ci sono conseguenze importanti, che modificano il loro equilibrio emotivo e la loro possibilità di procreare in futuro, può succedere nel momento in cui la donna sperimenta la sensazione a posteriori di aver voluto cancellare la vita di un bambino perché per lei era tale e questo non sempre viene avvertito per condizionamenti religiosi e sociali, ma ha a che fare con il vissuto unico e speciale di ogni donna e che si sviluppa nel tempo.

La speranza è che ogni donna possa riflettere su queste tematiche e pensare di poter scegliere. Il dovere che appartiene a tutti è l’impegno che ci sia una famiglia per ogni bambino e che non stia un giorno di più lontano dal calore di un genitore.

Lisa Trasforini

Psicologa di Ai.Bi.