Psicologia dell’adozione. Abbiamo detto di no a un bambino abusato, ma poi ci siamo sentiti male

Accogliere un bambino abusato significa raccogliere i pezzi di personalità in cui risiede il trauma e risanarlo, bonificarlo, trasformarlo. Senza negare la storia di cui ognuno è portatore

Lucia Ciaramella, psicologa e psicoterapeuta della sede Ai.Bi. di Salerno

La coppia che sta adottando, al momento dell’abbinamento si carica di aspettative e desideri che coltiva da anni. I coniugi sono pronti a dare amore al bambino atteso e si aspettano di poter essere ricambiati; immaginano di poter riparare e guarire le ferite che il minore ha dovuto subire nel passato con l’amore che gli daranno nell’immediato e negli anni a venire. Un amore che possa esprimersi nella sua totalità, verbalmente ma anche fisicamente, con manifestazioni di abbracci, carezze, baci e coccole che possono nutrire emotivamente il bambino e allo stesso tempo la maternità / paternità tanto a lungo agognata.

L’accoglienza del bambino abusato

È legittimo. È naturale. Ma bisogna fare molta attenzione quando il bambino in questione è stato abusato. Perché un bambino abusato ha sviluppato un modello di “attaccamento disorganizzato” ed è preda di un paradosso: il genitore che avrebbe dovuto confortarlo e proteggerlo lo ha esposto a situazioni pericolose, abusanti e stressanti. Questi bambini, pertanto, hanno paura di essere amati e rifiutano l’avvicinamento ai nuovi genitori in tutte le sue forme: fisico, emotivo e affettivo.
Un bambino che ha una storia di abuso sessuale è portatore di una grande sofferenza, che risuona immediatamente con la sofferenza che alberga nel genitore adottivo: il lutto legato alla propria incapacità di procreare.
Il bambino abusato e la coppia adottiva devono “riparare” entrambi qualcosa dentro di sé: il primo, l’immagine sessuale defraudata e violata, con la conseguente perdita della famiglia biologica; i secondi, il vuoto procreativo e la conseguente difficoltà a riconoscersi e legittimarsi come genitori di un bambino così danneggiato e sofferente.
In alcuni casi, per la coppia l’impatto è così doloroso che ci si difende ritirandosi e rifiutando la situazione proposta, poiché viene percepita come insormontabile.

Il dolore del bambino abusato risuona nel dolore del genitore incapace di procreare

È vero che il passato non può essere cancellato, né tanto meno dimenticato, ma può essere rielaborato, messo in una cornice di senso e rivisto con occhi differenti affinché il trauma non danneggi anche la vita presente e futura. La coppia e il bambino devono sperimentare, nel cammino come famiglia adottiva, nuove relazioni, nelle quali ritrovare una continuità tra passato e presente e aprirsi ad aspettative future.
Le due ferite (il trauma dell’abbandono e il trauma della impossibilità a generare biologicamente) durante il cammino di crescita della famiglia adottiva si incontrano numerose volte, e ognuna di esse sarà l’opportunità per confrontarsi, elaborare e trasformare.
Affinché questo dialogo costruttivo avvenga è necessario che fin dall’inizio i genitori entrino in relazione senza negare la storia di cui ognuno è portatore, rimanendo aperti all’ascolto senza mettere in pratica i meccanismi di difesa come, per esempio, la rimozione o la negazione. Accogliere l’altro è disponibilità ad incontrare il diverso, rinunciando a percorrere strade già battute e prevedibili e per questo rassicuranti.
Nel processo di accoglienza, un figlio si sente riconosciuto, sostenuto da un adulto in grado di restituirgli un sentimento di vicinanza e pensabilità del proprio dolore.
La famiglia adottiva ha il compito importante di raccogliere i pezzi di personalità in cui risiede il trauma e risanarlo, bonificarlo, trasformarlo.

Lucia Ciaramella
Psicologa della sede di Salerno