Reggio Calabria: 10 bagni per 400 ragazzi costretti a dormire a terra. Intanto si ignorano migliaia di famiglie disponibili all’affido

centro accoglienza rcPiù di 300 migranti minorenni, tutti arrivati in Italia da soli sui barconi, hanno provato a dire “basta!”: basta essere abbandonati a se stessi, basta dover sopravvivere in condizioni disumane, basta restare rinchiusi come dei criminali in quello che viene impropriamente chiamato “centro di accoglienza”. Perché l’accoglienza, quella vera, è un’altra cosa. Deve essere un’altra cosa, soprattutto per i migranti più giovani e fragili. A rivendicare i loro diritti sono stati i piccoli ospiti del centro di accoglienza del quartiere Archi Cep di Reggio Calabria che, lunedì 18 luglio, si sono asserragliati all’interno della struttura che li ospita, chiedendo condizioni di vita migliori.

Fin dalle prime ore della mattinata, hanno accatastato suppellettili dietro al cancello di ingresso, impedendo l’entrata e l’uscita a chiunque. Alle forze dell’ordine intervenute sul posto hanno espresso tutti il loro disagio, chiedendo ciò che dovrebbe essere garantito a ogni minore: cibo, acqua calda, igiene, possibilità di mettersi in contatto con le proprie famiglie rimaste nei Paesi di origine. Invece, quasi 400 ragazzi possono contare su solo 10 bagni e sono costretti a dormire su brandine o addirittura sul pavimento in un sacco a pelo, dislocati in 3 strutture che potrebbero ospitare al massimo 100 persone. Gli ultimi 140 arrivati sono stati collocati in una palestra che sorge nelle vicinanze. Gli unici a occuparsi di loro sono i volontari delle associazioni locali.

Dopo un confronto, certamente teso ma non violento, con i responsabili della Prefettura reggina, la protesta è rientrata. Ma molti dei giovani migranti hanno passato la notte successiva, ancora una volta, per terra.

“Non ci sono strutture in Italia in grado di ospitare altri minori – commenta una funzionaria della Prefettura -, nonostante i nostri continui appelli a tutte le Prefetture d’Italia. Nel momento in cui si liberano dei posti, cerchiamo di privilegiare i più piccoli, tra gli 11 e i 13 anni. Questa dei minori non accompagnati è una vera e propria emergenza– ammette – che stiamo cercando di gestire nel miglior modo possibile. Ma la carenza di posti, di strutture di accoglienza adeguate ha trasformato quello che avrebbe dovuto essere un centro di accoglienza provvisorio, in definitivo”. A fargli eco è Antonio Ruvolo, consigliere delegato alla Protezione Civile del Comune di Reggio Calabria: E’ necessario un provvedimento urgente del governo – ha detto -, essendo le strutture per minori non accompagnate tutte ormai sature”.

Alla consapevolezza della gravità dell’emergenza, si accompagna quindi la richiesta di intervento urgente da parte delle istituzioni. Intervento che non può più ignorare la necessità di ogni giovane migrante non accompagnato di poter contare sull’unica forma di accoglienza autenticamente a misura di minore: quella familiare. Se le strutture sono perennemente al collasso e disumane, non possiamo dimenticare che ci sono migliaia di famiglie italiane che si sono dette pronte ad aprire le porte a un minore straniero non accompagnato. Amici dei Bambini, con la sua campagna Bambini in Alto Mare, ha già raccolto oltre 2mila disponibilità. Ma lo Stato continua a ignorarle, lasciando marcire, in un cassetto della commissione Giustizia della Camera, il progetto di legge che darebbe il via libera all’affido familiare dei giovani migranti soli. Finendo per ingigantire un’emergenza che, destinando risorse alle famiglie anziché ai grossi centri di accoglienza, sarebbe invece di certo risolvibile.

 

Fonte: Avvenire, Ansa